Enrico Luceri : Il Vizio del Diavolo, 2020 , Oltre Edizioni, pag.232

F75038DB-116E-440B-BCFC-E6985C55C719-e1581511257509Enrico Luceri è forse e senza forse, uno dei più grandi scrittori di romanzi polizieschi di tipo deduttivo esistente in Italia, se non il migliore assieme a Giulio Leoni. Per numero e qualità di romanzi pubblicati (o almeno è tale secondo la mia opinione), forse il più grande nel caso del Mystery puro.
Perchè faccio quest’affermazione così perentoria? Perchè Luceri, al di là della maestria che ha nello scrivere, cosa che hanno tanti altri scrittori italiani anche di grande impatto, è molto acculturato: ha cioè cominciato a scrivere dopo aver fagocitato un sacco di libri e films. Non è quindi raro trovare nei suoi romanzi, riferimenti diretti o indiretti ad altri autori od opere, cosa che diviene estremamente stimolante, per chi legga un libro non solo per evasione, ma per confronto e analisi, un po’ come avviene per i romanzi di Paul Halter.
Ho finora recensito solo Luna Rossa, la sua più recente uscita in Mondadori, e qui ne analizzo oggi un’altra, ripromettendomi di fare altrettanto con altri suoi romanzi usciti negli anni passati.
Luceri ha un’altra caratteristica che lo rende unico nel panorama italiano: diversamente che da altri suoi colleghi, è una persona schiva, modesta, discreta, anzichè appariscente. E quindi il successo che lo accompagna da alcuni anni, è da mettere in relazione solo con le qualità della scrittura e dei soggetti creati di volta in volta.
Anche Il Vizio del Diavolo è una pubblicazione recente, anzi recentissima. Uscita a febbraio nelle librerie, è purtroppo ora acquistabile, come tanti altri libri, solo on-line, sui siti specializzati nella distribuzione e vendita libraria.
L’azione si svolge in un collegio privato religioso, a due passi da Roveto, in alto Piemonte, in aperta campagna.
Siamo in periodo natalizio, il 23 dicembre:  i ragazzi e ragazze sono andati via. Sono rimasti solo due suore, Suor Esther e suor Camela, Padre Castellani, e una ragazza, Corinna, che è la figlia di una insegnante dell’Istituto morta tempo prima, Alessandra, che ha affidato la figlia alla tutela del Collegio, non trovandosi altri suoi parenti.
Corinna, è fuori. Piove a dirotto. E’ uscita a fumarsi una sigaretta, come tante altre adolescenti fanno, per una cosiddetta dimostrazione di età adulta (che non hanno). E a sfogare tutta la sua rabbia ed il livore per un mondo che non ama, per quell’ambiente così repressivo che lei odia, che reputa ipocrita, e da cui vorrebbe vivere lontana, immergendosi nella vita dei ragazzi della sua età. E come molti suoi coetanei vede serie tv di genere horror.
Mentre passeggia, si accorge che c’è qualcuno che la osserva, qualcuno che la mette in apprensione: è fuori dal collegio, potrebbe essere aggredita, e quindi scappa, si rifugia dentro le mura sicure del Collegio, mentre l’ombra che era uscita dalla macchia, vi si rifugia di nuovo.
L’ombra che vede nella campagna fuori dal collegio potrebbe essere un riflesso della sua mente allucinata fortemente influenzata da queste situazioni dettate dalla fiction televisiva e cinematografica, lei crede che ci sia qualcuno che la scorga, ma poi, al riparo delle mura del collegio, ogni pausa svanisce. Mentre è dentro assieme agli adulti, suona il campanello: è un corriere, che porta un cesto natalizio. contenente dolci, tra cui uno caratteristico del luogo: lo mangeranno a cena.
Di nuovo uno scampanellare: questa volta è un uomo. Si qualifica come il domenicano Padre Wurth: la sua macchina si è impantanata e chiede ospitalità. No problem: il collegio è grande e vuoto: di stanze ce ne sono a bizzeffe.
Ma dal suo arrivo, il domenicano comincia a fare domande, e subito il suo modo di fare convince gli astanti che sembra non essere lì per caso.
Intanto fervono le attività: Padre Wurth si aggira per il collegio alla ricerca di non si sa cosa, le due suore hanno un battibecco, Padre Castellani suona “Jesus bleibet meine freude” (il celebre Corale dalla Cantata 147), Corinna non sa a chi rivolgere i suoi velendi di adolescente p’olemica, rabbiosa e insoddisfatta dell’ambiente in cui vive. Poi ci appresta alla cena, e le suore, soprattutto Suor Esther prepara la cena a base di minestrone, pietanze fredde, e i dolci del cesto. Padre Wurth fa le lodi di Esther come cuoca, che a differenza degli altri è la sola a gustare il dolce mandorlato e zuccherato.
Non è però del tutto soddisfatta, perchè nota il prevalere di una nota amara.
Poco dopo comincia a sentirsi male, tanto che Padre Castellani deve chiamare la Guardia Medica di Roveto. Lì è in servizio il dottor Bonatelli. Squilla la porta: è un tale che è stato sorpreso dal tempaccio che chiede di potersi riparare. Il tempo di ritornare nell’ambulatorio e riceve la telefoinata dal Collegio. Il tempo di apprestare la borsa e di avvisare il tizio di uscire (che però è già andato via) e Bonatelli si dirige a bordo della sua sgangherata auto al Collegio. Quando il medico arriva, le condizioni della suora sono peggiorate. Lui la visita e le pratica un’iniezione di emetico, in modo da farla  vomitare, cosa che effettivamente sortisce gli effetti voluti. Tuttavia mentre il medico con gli altri, lasciata la sofferente a riposarsi, conduce una mini inchiesta avendo le prove di un avvelenamento, qualcuno la soffoca con un cuscino.
E’ evidente allora che l’ipotesi del medico, improvvisatosi investigatore, è reale, e qualcuno tra i presenti è un assassino; a meno che un’altra persona, magari quella che Corinna ha visto aggirarsi nei pressi del Collegio, sia entrata e stia lì pronta a colpire, riparata dal buio dei corridoi.
Non passa molto tempo che un nuovo delitto venga compiuto: stavolta è Padre Castellani, che paga con la vita il sospetto scaturito dall’aver notato un particolare, una cosa che non sarebbe dovuta avvenire. Lui verrà trafitto alle spalle con delle forbici. Quando il medico e Padre Wurth e Corinna, sentono un tondo al secondo piano e lo raggiungono, trovano  Suor Carmela terrorizzata vicino a la cadavere del prete. La suora sviene due volte e deve essere portata a letto.
E’ l’inizio di una serie di congetture ed ipotesi, sostenute ora da Padre Wurth, ora da Bonatelli, che si appuntano nei confronti dei presenti: sarà davvero padre Wurth il domenicano che dice di essere oppure è un impostore? e Suor Carmela è davvero lei oppure è una impostora che ha approfittato della morte della vera Suor Carmela in Africa durante un raid di ribelli, per appropriarsi della sua identità? E Corinna, perchè mai non può essere stata lei ad uccidere il prete e prima ancora la suora? Tanto più che Bonatelli ha scoperto che lo stipo contenente i prodotti velenosi è aperto, e dentro cè un topicida.
Un gioco di specchi, di congetture e di controcongetture, e di inganni, che ben presto portano gli astanti a sospettare tutti di tutti. Del resto il principale Vizio del Diavolo non è ingannare?
Ecco allora che l’inganno va avanti e a fare le spese questa volta è Suor Carmela che viene trovata sgozzata.
Chi è il colpevole tra Corinna e il domenicano?
Dopo una serie di colpi di scena la verità amara sarà svelata, anche se l’assassino non sarà catturato.
Si tratta di un gran bel romanzo, il secondo bel romanzo che ho letto ultimamente e anche questo di Luceri, che si dimostra se mai ce ne fosse stato bisogno, uno scrittore di razza, capace di padroneggiare con la penna una situazione che avrebbe messo altri scrittori in ben altri problemi: con un così corto parco di sospettati e sospettabili, chiunque altro avrebbe ceduto alla ovvietà, e il lettore un po’ più smaliziato avrebbe individuato con notevole anticipo l’assassino, rendendo vana la lettura delle restanti pagine ( e la naturale tenzone tra lettore e scrittore). Qui no. Qui non avviene:
Luceri è così abile a padroneggiare la situazione, da riuscire a mantenere la tensione fino all’ultima pagina, perchè instilla il dubbio, e l’inganno diventa capace di insinuare nei pensieri del lettore che la verità sia magari una bugia, e la bugia la verità, e a far sì che le situazioni del romanzo siano in uno stato non di salda stasi ma di oscillante dubbio.
Ad esempio, fino alla fine si dibatte se la serie di assassini sia da mettere in relazione con la vera missione nel collegio di Padre Wurth non affatto capitato per caso, ma inviato dal Vaticano per capire se  un religioso/religiosa sia coinvolto/a nell’assassinio dell’avv. Galli, di cui era a conoscenza Alessandra, la madre di Corinna, oppure se qualche religioso pur sapendo qualcosa non abbia parlato, oppure se gli assassini siano disgiunti da questa ipotesi.
E lo stesso parco ridotto di personaggi invece di essere una limitazione, diventa qui un valoire aggiunto, perchè Luceri lungi dal puntare su un thriller di pura azione, riesce a portare a termine un’operazione nient’affatto semplice: creare un thriller colto, pieno di riferimenti che il lettore anche lui colto non avrà dificoltà ad individuare in gran parte, con una tensione palpabile e sempre presente che invece che rinnovarsi in virtù di procedimenti stilistico-narrativi (cioè di tecnica della scrittura), si attua sulla base di una tensione che è soprattutto psicologico-catartica: i personaggi sono inquadrati a tutto tondo, come non mai; sono personaggi tristi, melanconici, complessi, tutti sospettabili in quanto non privi di scheletri negli armadi: tutti ma proprio tutti.  E tutti, proprio tutti, hanno conosciuto il dolore, la sofferenza personale; e tra loro, in particolare, Corinna, una ragazza adolescente, orfana di madre e che il padre non l’ha mai conosciuto, che ha costruito tutt’intorno alla sua fragilità uno spesso fortilizio di falsa indifferenza, cinismo e rabbia, che si scioglieranno dinanzi ad una grande sorpresa.
Quando arrivano prima Padre Wurth poi la Guardia Medica, Corinna pensa istintivamente che sia il secondo l’ombra nella boscaglia, salvo ricredersi e convincersi che possa essere il domenicano. Proprio lui ci riporta a storie del passato: padre Wurth incarna l’inquisitore per eccellenza, un personaggio inflessibile, rigoroso, duro, ironico e talvolta anche cinico. Luceri dice di essersi ispirato a personaggi della fiction cinematografica; io francamente ho pensato a Padre Eymerich, l’inquisitore deomenicano uscito dalla penna di Evangelisti.
Soprattutto di grande spessore psicologico è la caratterizzazione del personaggio di Corinna, dell’adolescente intorno a cui, si vedrà leggendo il romanzo, tutta l’azione gira: Luceri, per Corinna non inventa del tutto, e neanche copia, semmai applica ad un personaggio che rappresenta una ragazza , le paure, le ansie, la rabbia della sua generazione.
Luceri mi ha detto qualche giorno fa: “ma non mi ispiro a situazioni personali, semmai in senso lato conosco e descrivo chi nel loro ambiente generazionale e scolastico è ai margini perché troppo sensibile o con situazioni particolari. Diciamo che respiro da una prospettiva laterale la loro vita e traggo ciò che serve alle mie storie, piegandole alle esigenze della trama di genere“.
Il procedimento stilistico di Luceri si avvale di una caratterizzazione quindi assai sfaccettata, che strizza l’occhio anche ad Agatha Christie, all’ Agatha Christie di Dalle nove alle dieci per quanto attiene l’insospettabilità dell’assassino di cui viene rivelata da lui stesso la paternità. Ma come detto tantissimi sono i riferimenti colti:
il collegio è isolato da un temporale (La casa nel ciclone di Newton Gayle e Il caso dei fratelli siamesi di Ellery Queen); nel collegio isolato i vari personaggi sono tutti colpevoli di qualcosa e a turno vengono uccisi (Dieci piccoli indiani e Trappola per topi  di A. Christie); il domenicano arriva all’improvviso senza preavviso e anche il medico pur se chiamato da Castellani è in fondo inatteso  (L’Ospite inatteso, di A. Christie: si veda la somiglianza Bonatelli, il medico, con Bonacelli, l’attore della versione adattata per la RAI da D’Anza); se l’assassina fosse Corinna, il riferimento sarebbe a Tragedia di Y di Ellery Queen; le forbici per un mancino adoperate invece da chi è destro, è uno sbaglio dell’assassino colto solo da Padre Castellani, che firma la sua condanna a morte e qui il riferimento diretto è a Dopo le esequie di Agatha Christie: infatti lì l’omicida (come in questo caso) che ha impersonato una certa identità, ha commesso un errore, perchè non ha pensato che allenandosi davanti ad uno specchio, esso avrebbe invertito una mossa particolare: al funerale, infatti, ha girato la testa dalla parte sbagliata. Nel nostro caso, la funzione dello specchio è stato trasferito all’errore di chi dovendo usare delle forbici per mancini, ha invece usato la destra. Anche il cadavere che Padre Castellani immagina si sia mosso, rimanda ad altri esempi narrativi: a me ha fatto ricordare il cadavere sotto il sudario di Il cadavere assassino di George Meirs.
Numerose anche le citazioni cinematografiche, peraltro esemplificate dallo stesso Luceri, sprattutto da films di Pupi Avati: Il nascondiglio (casa in cui vivono delle suore), La casa dalle finestre che ridono (il faldone ingiallito e l’armadio che racchiude un segreto), Zeder (il cadavere che apre gli occhi e quello della suora che Padre Castellani crede che si muova); la stessa scena (cadavere che sembra si muova) è in La ragazza che sapeva troppo, il capostipite del film giallo italiano, di Mario Bava (in b/n); la tempesta iniziale e le protagonista che fugge mettendosi in salvo è in La Scala a chiocciola, di R. Siodmak, come pure la scena in cui l’assassino accompagna per le scale la ragazza; la scena delle tempesta e la ragazza che fugge mettendosi in salvo è anche in  Green for Danger, trasposizione del romanzo della Brand, Green for Danger (Delitto in bianco).
Se il movente è chiaro, la sospettabilità dell’omicida è estremamente ridotta. Il solo indizio lampante, il solo errore, è quello di aver usato delle forbici per mancini con la mano destra. Ma non se ne accorgono tutti. Se ne accorge Castellani, ma è qualcosa che si deposita nel suo subconscio, solo per risvegliarsi in un secondo tempo: il fatto che egli vada dove è il cadavere, e per un momento si spaventi perchè ha come la sensazione che il cadavere si sia mosso sotto il lenzuolo, fornisce all’omicida che lo osserva, l’occasione per colpirlo alle spalle.
Del resto il collegio è vuoto, pieno di corridoi e stanze in ombra, come è d’obbligo in ogni film thriller che si rispetti, da Argento ad Avati.
Finale assolutamente non convenzionale ed esplosivo.
La doppia identità dell’assassino, e di come egli se la procuri, è un atto di genio.
In conclusione, un romanzo bellissimo.

Pietro De Palma

Enrico Luceri : Il Vizio del Diavolo, 2020 , Oltre Edizioni, pag.232ultima modifica: 2020-04-01T09:59:50+02:00da lo11210scriba
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