Craig Rice: Lasciate fare a Malone (Having Wonderful Crime, 1943) – trad. Antonia Bullotta – I Gialli del Secolo Casini, N° 120 del 4 luglio 1954

Mi sembrava evidente, dopo il lungo articolo con bibliografia ragionata, che almeno un romanzo venisse preso in esame di Craig Rice, tant’è che un racconto, come quello presentato, non può rassumerne i caratteri più tipici come può fare invece un romanzo.

E’ il caso allora di “Lasciate fare a Malone” titolo inventato di sana pianta da Casini, per Having Wonderful Crime, sulla base che Malone, che dei tre soggetti ricorrenti è quello più in vista, anche qui è determinante per la soluzione, o meglio è determinante per come la soluzione venga accettata, giacchè tutti e tre, Jake Justus, sua moglie Helene Justus, e l’amico di Jake, John J. Malone, indovinano degli sviluppi, che poi saranno deterrminanti per inchiodare l’assassino.

Il romanzo, è del 1943, ma se si dovesse prestare fede a Wikipedia, non dovrebbe esistere in quanto tradotto in Italia: ecco per quale motivo, chi volesse sistematicamente conoscere l’opera della scrittrice statunitense, dovrebbe fare riferimento al mio articolo guida pubnblicato in questo blog:

http://lamortesaleggere.blogspot.it/2017/05/craig-rice-gli-spezzasti-il-cuore-his.html

E’ un romanzo che mischia sapientemente azione e deduzione, caratteristica anche per certi versi di altri romanzieri, come per esempio Jonathan Latimer.

Si apre con un certo Dennis Morrison, fresco sposo di Bertha Lutts, che si sveglia non nel suo letto, ma in quello di altri. E ridestatosi, si trova davanti la più bella bionda che abbia mai visto (Heleen Justus). Poi un tipo massiccio, con capelli rossi e lentigginoso, Hake Justus, e infine, abbandonato in un divano, un tipo che russa sonoramente, l’avvocato penalista John J. Malone. I tre lo hanno raccattato in un locale, dopo che era statto anche menato, ubriaco fradicio. Improvvisamente Morriso si ricorda della moglie, che ha lasciato il pomeriggio prima nella loro camera di hotel, per andare a bere qualcosa. La cosa non si spiega bene inizialmente e trova giustificazione solo nel prosieguo della storia: Morrison è un gigolo, un accompagnatore che offre bella prestanza e all’occorrenza performances sessuali quando richiesto dalle signore che deve accompagnare e ehe richiedono i suoi servigi. Una di queste, la ricchissima Bertha Lutts, sfortunatissima con gli uomini, ha pensato bene di cessare di apparire  come la zitella ricca, preferendo la parte della divorziata con esperienze: pertanto ha deciso di sposare il bel gigolo, contro il parere del suo tutore, che peraltro avrebbe voluto ritardare il più possibile tale eventualità avendo disposto in maniera del tutto personale del ricco lascito previsto per Bertha. Tuttavia dopo averlo sposato, siccome non lo ha sposato per amore ma per convenienza, è timorosa se andare a letto con lui o no.

Fatto sta che quando Morrison torna nella sua stanza d’albergo, trova la moglie morta. Ancora di più: la trova decapitata. E’ evidente il suo senso di sbandamento. Per di più i tre si arrogano il diritto di difenderlo, giacchè è evidente che il principale sospettato è lui. Ricostruiscono il suo percorso errabondo per locali, per giungere ad evidenziare come non si possa proprio puntare il dito accusatore solo verso di lui. Tanto più che nessuno, pur uccidendo, decapiterebbe la sua vittima, sempre che non fosse un pazzo squilibrato. Il fatto è però che di sangue se ne trova poco, e la dissezione è stata fatta, come testimonia il medico della polizia, in maniera perfetta, come neanche avrebbe fatto un boia o una ghigliottina. E sicuramente Morrison non la conoscenze adeguate per aver fatto uan cosa dele genere.

I tre quindi cominciano ad investigare, tanto più che Arner Proudfoot, l’ex tutore di Bertha ha assunto Malone per ritrovarla, anzi per ritrovarne la testa. Infatti è accaduto, cosa stranissima e assolutamente fuori della comprensibilità, che l’assassino, per ragioni solo proprie, non solo ha ucciso Bertha, non solo l’ha decapitata, ma ha anche messo sul corpo di Bertha  la testa di un’altra donna, che ha a sua volta decapitato. Quindi si deve trovare non solo l’assassino responsabile dell’orribile duplice omicidio, ma anche bisogna dare un nome all’altra vittima.

Le indagini danno i suoi frutti: dopo aver tolto ciglia finta e aver riportato i capelli alla tinta originaria, si riconosce in quella, la testa di tale Gloria Garden, modella anche piuttosto avviata. La testa viene riconosciuta dal vecchio padre, il dottor William Puckett, distrutto dal dolore.

Intanto tra gli appunti trovati accanto al corpo di Bertha Lutts, si trovano anche quelli di tale Wildavine Williams, che sembrano profferire minacce di morte nei confronti della vittima. Mentre Jake sta controllando tutto nella camera d’albergo, sente dei passi, fa in tempo a ficcarsi nella vasca da bagno protetto dallatendina della doccia, ed evitare che tre poliziotti lo becchino, salvo poi tirare un destro ad uno ed scappare quando viene scoperto. Si reca da tale Wildavine e scopre che quella è una poetessa, male in arnese, amica della morta, a cui leggeva l poesie nella speranza che qualcuna venisse da lei sovvenzionata e poi pubblicata. Solo che viene beccato dalla polizia, che ha raggiunto le sue stesse convinzioni, e tratto in arresto.

Intanto la moglie sta seguendo un’altra pista: fingendosi una cliente in cerca di follie notturne, comincia a frequentare le varie agenzie di accompagnatori, finchè trova quella giusta: il suo accompagnatore Harris Lawrence, cade nella sua trappola di fingersi una ricca svampita in cerca di emozioni, e la sottopone allo stesso trattamento, riservato a tante altre: finge una retata della polizia, e poi con la complicità di chi debba atteggiarsi a suo salvatore, cerca di spillarle dei soldi. Il fine di Helene è quello di trovare il ricettatore che ha incassato gli stessi gioielli, scomparsi a Bertha, dalla camera d’albergo. Solo che il ricettatore, accusato come Lawrence e il suo compare dell’omicidio di Bertha, non solo come gli altri si protesta innocente, ma anche sostiene che a pignorare da lui i gioelli fosse stata una ragazza, che poi viene riconosciuta essere la Garden.

Il mistero si infittisce.

Dopo certe supposizioni, rivelatesi alcune giuste altre errate,  Jake viene a sapere che la sera della tragedia, chiamata da Bertha, era salito un medico, di cui nessuno aveva parlato. Da quel momento in poi gli eventi diventano frenetici, fino a concludersi il tutto in una proprietà fuori mano, dove si incontrano due persdone fuori di mente: il primo ha ammazzato due donne, il secondo ne ha tagliato le teste, invertendole, per uno scopo ben preciso, che ha a che fare con l’eredità, e con la morte presunta. L’assassino non è Henry Lawrence, che poi si chiama Howie Lutts ed è la pecora nera della famiglia di Bertha, ma…

Siccome chi ha scambiato le teste, delle due donne precedentemente uccise, ha agito follemente per vendetta, in un doppio finale, viene attribuito il tutto all’assassino vero, in modo da non far condannare lo scambiatore di teste.

Romanzo, lo devo dire in tutta franchezza, sensazionale. Uno di quei romanzi che non si dimenticano.

La trovata dello scambio di teste non è campato in aria ma ha delle motivazioni ben precise, che si capiscono solo nel palpitante finale.

Come tutti i romanzi di Craig Rice, è alquanto bizzarro, ma proprio nella sua stranezza ha i suoi punti forza: l’assassino non ha scambiato le teste, ma l’ha fatto qualcun altro, per scombinare i piani dell’assassino e per fargliela pagare; questa modalità, che è alquanto singolare (la decapitazione ricorre in pochi romanzi, e quasi sempre dei Maestri: Ellery Queen, Ngaio Marsh, Christianna Brand…), collega questo, ad un altro romanzo di qualche anno precedente: Il Mistero delle Croci Egizie (The Egyptian Cross Mystery, 1932). La cosa non è casuale nè campata in aria: per sua stessa ammissione, Ellery Queen era l’autore preferito di Craig Rice. Nonostante ciò la Rice non è Vandiniana, semmai è Elleryana: infatti in entrambi gli autori, la complessità del plot e dei subplot, costituisce la caratteristica saliente dei romanzi. Peraltro la concatenazione dei due romanzi, è anche in ragione del fatto che il secondo omicidio è richiamato dal primo e viceversa: tuttavia mentre nel romanzo di Queen, la decapitazione è funzionale alla non assoluta riconoscibilità dei cadaveri, qui dei cadaveri  si conosce l’identità, ma la ragione consiste in un movente psicologico molto difficile da afferrare all’inizio: ritardare il più possibile il conseguimento del fine alla base del movente del duplice omicidio. Inoltre il tema della decapitazione dei cadaveri, ricorre anche in altra storia di Rice (un po’ come è avvenuto nell’opera di Christianna Brand): My Kingdom for a Hearse. Solo che qui l’amputazione anatomica è portata al massimo.

Inoltre anche in questo romanzo, un tema come quello del matrimonio di cui nessuno sapeva nulla, trova piena applicazione.


Pietro De Palma

Craig Rice: Lasciate fare a Malone (Having Wonderful Crime, 1943) – trad. Antonia Bullotta – I Gialli del Secolo Casini, N° 120 del 4 luglio 1954ultima modifica: 2017-06-17T08:21:18+02:00da lo11210scriba
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