Morte a passo di Valzer – Minisceneggiato in 3 puntate, tratto da Fire, Burn! di J.D.Carr – Sceneggiatura: Vieri Razzini, Regia: Giovanni Fago, RAI 2, 1981

Dal romanzo Fire, Burn! di J.D.Carr, RAI 2 trasse, nell’ottobre del 1979, lo sceneggiato in tre puntate, “Morte a passo di Valzer”, mandato in onda  nel 1981.

Nell’ambito di sceneggiati tratti da romanzi gialli, si può dire che quello tratto da Fire, Burn!, costituisca un caso si può dire unico. Il perché è presto detto: mentre tutti gli altri sono stati conformati nel tempo a romanzi già editi in italiano – e non parlo solo dei Carr (La dama dei veleni, tratta da The Burning Court; Tre colpi di fucile, tratto da Till Death Do Us Part; L’Occhio di Giuda tratto da The Judas Window), ma anche dei Maigret di Gino Cervi, o del  Philo Vance di Albertazzi (qui, addirittura proprio lui, nell’introduzione al Caso Benson , aveva in mano uno degli Omnibus Mondadori in cui furono pubblicate le avventure di Philo Vance)– Fire, Burn!  prima del 1979 non godeva di una traduzione italiana e quindi si deve apprezzare come la sceneggiatura di Vieri Razzini fosse stata approntata sull’originale inglese. Il che significa che Vieri Razzini (o chi per lui) conosceva da prima il testo carriano, e quindi la conoscenza di testi non ortodossi da parte di uno dei più grandi critici italiani, particolarmente versato proprio al poliziesco: chi non ricorda (e sono sicuro che molti dei miei lettori sono giovani e quindi non possono ricordare) le sue presentazioni  e i cicli da lui curati basati anche sulle avventure di Sherlock Holmes o di Charlie Chan? Igor Longo, me lo ricordo bene, stravedeva per Vieri Razzini e criticava il fatto che, alla RAI, fosse stato messo da parte. Proprio qualche giorno fa, parlandone privatamente con Mauro Boncompagni, lui mi ha detto: “Ricordo che allora chiesi a Orsi perché non pubblicassero la trad. italiana. L’ottimo Gian chiese il libro all’agente, me lo passò per la lettura (ricordo che era la prima edizione americana), io feci una recensione e la Francavilla lo tradusse (allora io non traducevo). Bei tempi, eh?”.

Lo sceneggiato, salvo alcune personalizzazioni  cui accenneremo, è fedele all’originale.

Innanzitutto, l’ambientazione è curata fino nei minimi particolari; e anche la recitazione, e la descrizione delle scene non lascia adito a dubbi.  Persino la caratterizzazione della figura di Volcano  con l’occhio di vetro, anche se Volcano nel romanzo è calvo mentre qui è ricciuto, e l’occhio di vetro nel romanzo è il destro mentre qui è il sinistro.vlcsnap-2016-04-17-20h50m11s573 Tuttavia vi sono cose che non esistono nel libro originale di Carr. Innanzitutto la Camera Chiusa.

Nel romanzo di Carr non c’è nessuna Camera Chiusa, ma nello sceneggiato sì.

Viene posta alla fine della seconda puntata, ultima scena, e quindi con essa comincia la terza puntata.  La vittima sarebbe quel Freddie Derbitt che qualcuno pensava potesse essere l’amante segreto di Margaret Renfrew. La sceneggiatura è evidente per quale motivo inserisca questa variazione: per accrescere l’interesse del pubblico e motivarlo a vedere la terza parte. La Camera Chiusa è una classica: porta e finestra chiuse dall’interno, nessun passaggio segreto ,eppure la vittima ha un foro sulla fronte. vlcsnap-2016-04-17-21h05m58s718Se la Camera Chiusa nel romanzo originale non c’è significa che lo sceneggiatore deve averla presa da qualche altra fonte, se non inventata. Io credo che l’avesse presa da un altro sceneggiato di qualche anno prima: per il tipo di soluzione, e quindi per come la vittima venga uccisa, la Camera Chiusa mi ha ricordato istantaneamente quella usata per uccidere Rex, uno dei fratelli della famiglia Greene, nell’omonimo romanzo e nello sceneggiato RAI interpretato da Albertazzi. E’ probabile che fosse stata presa da lì, penso io. Inoltre anche lì la morte -di Rex in quel caso -concludeva la puntata.vlcsnap-2016-04-17-21h09m49s497

Un’altra variazione è data dall’inizio e dalla fine dello sceneggiato: mentre il romanzo comincia con Cheviot che sta recandosi a Scotland Yard in taxi, lo sceneggiato presenta un prologo con un delitto del tutto inventato: Lord Davenport sul par di un campo da golf sta per imbucare la pallina e con lui stanno due amici e sua moglie. All’improvviso il lord cade schiantato al suolo: una pallottola lo ha colpito al cranio, senza che nessuno abbia sentito lo sparo. Ovvio pensare ad un’arma munita di silenziatore, ma per colpirlo da lunga distanza non sarebbe stato facile – perché tutt’attorno non ci sono punti da cui sparare – e per di più l’esame balistico ha dimostrato che è stato colpito con una traiettoria dal basso in alto. Insomma un delitto impossibile. vlcsnap-2016-04-17-21h12m49s183La cui soluzione verrà scoperta da Cheviot nel corso del suo salto nel passato: infatti la soluzione del delitto antico potrà essere usata per spiegare anche il delitto contemporaneo. Non a caso, le ultime scene della terza ed ultima puntata, concernono la cattura dell’assassino del Lord e la spiegazione di come egli abbia potuto ucciderlo: è evidente, giacchè compaiono solo quattro persone compresa la vittima, che l’assassino debba essere uno degli altri tre.

Ma perché si pensò di introdurre un episodio assolutamente originale ed inventato in questo mini sceneggiato? Un’idea l’avrei. La scena iniziale è simile a quella di un altro sceneggiato che aveva avuto un enorme successo anni prima, tratto da un lavoro di Durbridge: Giocando a golf una mattina (Game for a Murder). Anche lì si verifica un delitto sul par di un campo da golf: chi sta giocando, viene ucciso. E’ come se gli inglesi fossero associati dal pubblico italiano al gioco del golf. Del resto nel tempo, numerosi sono stati i romanzi polizieschi che hanno avuto come teatro di azione un campo di golf: un esempio per tutti?  Herbert Adams. In Italia di Adams sono apparsi molti romanzi negli anni Trenta, nella mitica serie de I Romanzi della Sfinge, di Salani Editore. Una delle serie varate da Adams era appunto incentrata su un giocatore di golf, Roger Bennion.

Altra variazione ancora, cioè un particolare che non esiste nel romanzo ed è stato aggiunto da Razzini è l’orologio da panciotto che Cheviot si trova addosso quando rinviene nel taxi e che è stato acquistato da lui nel 1829, nel corso della sua avventura nel passato. Questo particolare, sicuramente affascinante, con cui si conclude lo sceneggiato è un altro escamotage per finire in bellezza, donando anzi accentuando l’aspetto fantastico dell’opera. Carr ne sarebbe stato deliziato.vlcsnap-2016-04-18-11h51m00s151

Altra variazione inventata è quella dell’immagine di Flora Gray. Cheviot, nel taxi, sta leggendo un paragrafo in un libro di storia trovato nella biblioteca di Lord Davenport, dedicato ai personaggi del regno di Giorgio IV e trova la foto di Lady  Flora Gray. Mentre la sta guardando, ecco che perde coscienza e si ritrova sbalzato nel 1829. Tutto questo nel romanzo non esiste. Perché è inserita? Avrò io una deformazione personale nata dalla mia conclamata cinefilia e dall’amore degli sceneggiati d’epoca, avrò io la tendenza a richiamarmi e richiamare la memoria altrui a dei particolari che ai più sfuggono, ma questo fissare una foto e ritrovarsi sbalzato nel passato, mi sembra tanto, troppo simile a quello che accade al protagonista in The Burning Court, quando in treno l’immagine della celebre avvelenatrice, la Marchesa di Brinvilliers sembra troppo simile a quella di una donna del presente. vlcsnap-2016-04-17-21h49m59s315Questo richiamo, che non mi sembra casuale, è avvalorato dal fatto che nell’epilogo, quando Cheviot viene svegliato nel taxi che ha avuto un incidente per la nebbia, si ritrova accanto la moglie, il cui volto è identico a quello di Flora Gray. Mentre nel romanzo, la rassomiglianza tra le due Flora viene ad essere indicata negli ultimi due-tre righi del romanzo.

Poi vi sono delle variazioni che qui e là modificano qualcosa, senza avere un riflesso importante: innanzitutto la scazzottata. Quando Cheviot accusa Volcano di truffare e raggirare i giocatori mediante una roulette truccata, dal parapiglia generato dalla rottura del tavolo da gioco e dalle molle che escono fuori e dai sibili di aria che si sentono, testimoniando il trucco ad aria compressa che inclinava il piano con la pallina in modo che andasse a rotolare dove si voleva che rotolasse, si genera una scazzottata. Il romanzo ne accenna in due righi e basta.vlcsnap-2016-04-17-20h53m22s025 Ovviamente invece lo sceneggiato vi indugia, perché questa è una tipica scena da film. Come non ricordare i tanti spaghetti western all’italiana dove scene di questo tipo erano di casa? Mi sembra quasi un omaggio a Gianni Garko che era stato uno degli attori più impegnati in quel genere di films. C’è addirittura il volo di un tale che va a sfasciare un mobile, che ci rimanda con la memoria ai films con Terence Hill e Bud Spencer.vlcsnap-2016-04-17-21h00m02s382

Poi c’è la sparizione del registro del 1829, quello in cui erano annotati gli acquisti di Volcano in cambio di fiches, che nel romanzo non sparisce affatto, anzi viene ritrovato con la perquisizione seguita all’arresto di Volcano.

Infine, mentre lo sceneggiato è incentrato esclusivamente sulla vicenda personale di Cheviot e sugli sviluppi delittuosi e sentimentali, il romanzo è uno spaccato intenso ed appassionante dell’epoca. C’è persino una ininfluente rivolta per l’abolizione del dazio sul grano, primo assaggio delle riforme che vennero varate negli anni successivi .

 

Pietro De Palma

Morte a passo di Valzer – Minisceneggiato in 3 puntate, tratto da Fire, Burn! di J.D.Carr – Sceneggiatura: Vieri Razzini, Regia: Giovanni Fago, RAI 2, 1981ultima modifica: 2016-04-18T10:50:43+02:00da lo11210scriba
Reposta per primo quest’articolo