Anthony Abbot: Il mistero di Madeline (About the Murder of a Startled Lady, 1935) – I Classici del Giallo Mondadori N.1152 del 15/2/2007

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Anthony Abbot : Il mistero di Madeline (About the Murder of a Startled Lady ,1935) – Traduzione: Igor Longo – I Classici del Giallo Mondadori  N.1152  del 15 febbraio 2007 –  Prima edizione – pagg. 222.

 Qualche giorno fa ho riletto delle note che avevo steso sulla seconda versione di Lacourbe di 99 Camere (quella del 2007) e mi sono accorto che non avevo ancora letto il solo dei romanzi di Abbot che mancasse all’appello: About the Murder of a Startled Lady (1935). Lacourbe e gli altri intervenuti alla sua riunione del 2007, infatti stilarono una seconda lista che doveva in certo senso sostituire quella di 16 anni prima che lo stesso Lacourbe aveva esteso: 99 Novels for a Locked Room Library. In questa “libreria”, il primo posto venne riservato proprio a About the Murder of a Startled Lady, di Anthony Abbot, tradotto in Italia chissà perché col titolo “Il Mistero di Madeline”.
Antonio Abate è il curioso pseudonimo in italiano, Anthony Abbot in americano, sotto cui si celò
Charles Fulton Oursler (1893-1952), nato a Baltimora. Non molti lo conoscono in Italia, ora che Mondadori ha pubblicato tutti i suoi romanzi; figurarsi prima che ciò accadesse: era un illustre sconosciuto! O almeno “misconosciuto”, in quanto in Italia, il suo nome diceva qualcosa solo a quelli come me che avevano sentito parlare di un leggendario romanzo poliziesco (leggendario ma non certo un capolavoro, semmai una curiosità), romanzo nato da una scommessa, nel 1935, durante una cena con l’allora Presidente U.S.A. Franklin Delano Roosvelt, cui era presente lo stesso Abbot, che con il suo vero cognome era il Direttore del giornale newyorkese “Liberty” : fu proprio lui pare a pensare che dall’innocente soggetto del Presidente U.S.A. si sarebbe potuto ricavare un romanzo; e quindi allertò una serie di scrittori, allora famosi, tra cui S.S. Van Dine e John Erskine, che assieme a lui avrebbero dovuto scrivere i vari capitoli.  Il romanzo fu poi pubblicato nel 1936, e in Italia apparve in alcune edizioni, tra cui una de Il Romanzo Mensile (Le due vite di Giacomo Blake, 1937); e due, una Mondadori, 1982, negli Oscar, e un’altra nel 1993 per conto di Edizioni Olivares, con l’uguale titolo “Il giallo del presidente”. Ecco perché qualcuno in Italia conosceva già Abbot: ma quanti? Fu un notevole colpo, quello che l’allora Direttore Editoriale delle pubblicazioni da edicola Mondadori (Giallo, Segretissimo, Urania, soprattutto) Sandrone Dazieri, portò a termine consigliato dai consulenti editoriali della collana gialla, anni fa. Tanto più che, se è vero che da noi, Anthony Abbot lo conoscevano pochissimi, in America, all’epoca del Vandinismo, Abbot fu uno dei più importanti scrittori, tra i meno noti.

Abbot scrisse otto romanzi a partire dal 1930 (About the Murder of Geraldine Foster): About the Murder of A Startled Lady, 1935, è il quinto.

La storia prende l’avvio da una seduta spiritica: i coniugi Lynn, sedicenti spiritisti, riferiscono al Professor Gilman, scienziato convertitosi alla parapsicologia, di aver saputo da uno spiritom di un delitto avvenuto tempo prima: una certa Madeline sarebbe stata uccisa, fatta a pezzi e chiusa in una cassa buttata nelle acque antistanti una nota spiaggia.

Thatcher Colt, Alto Commissario e Capo della Polizia di New York, solo per scrupolo, pur non credendo affatto ai medium e affini, invia in segreto dei suoi uomini ed un palombaro a verificare la notizia, e con suo grande stupore, la cassa viene trovata, e dentro un cadavere del tutto decomposto, uno scheletro insomma, fatto a pezzi: 200 e più ossa.

In casa dello stesso Colt viene ricomposto lo scheletro, ma non risultano dati che possano essere validi per una identificazione: gli abiti sono quasi del tutto distrutti, la cassa è dozzinale, i denti della vittima sono perfetti.

La vittima è stata uccisa con un colpo in fronte, ed infatti nel cranio si sente un rumore metallico quando lo si scuote: è il proiettile di una Calibro 32. E visto che non risulta esserci stata nessuna denuncia di scomparsa riguardante una giovane donna, Colt decide di affidarsi a Imro Fitch, uno scultore fallito e tuttavia genio al tempo stesso che, mischiando conoscenze antropomorfiche e sensibilità d’artista, ricostruisce basandosi su precisi rapporti antropometrici, il volto come presumibilmente sarebbe dovuto essere.

Fitch realizza una vera opera d’arte e da vita allo scheletro; non solo, basandosi sui pochi resti di vestiti, ne trova di simili, vestendo quella che sarebbe dovuta essere Madeline nel suo ultimo giorno di vita. Da qui prende le mosse l’indagine vera e propria: si arriva alla identificazione della vittima: Madeline Swift, 22 anni.

Gli stretti familiari della ragazza rivelano un ambiente fortemente represso: padre e nonno paterno fanatici religiosi: nonno, costruttore di amuleti; il padre, commerciante di spartiti e dischi; la madre, modista, asservita al padre; una sorella, Verna, ricoverata per esaurimento nervoso. Insomma un ambiente che mal sopportava l’esuberanza di Madeline, ragazza descritta troppo moderna per quell’ambiente così all’antica (una forma di reazione?): fumava, beveva e collezionava storie d’amore. Finchè..finchè si era innamorata di un certo Alfred Keplinger, uno studente universitario. E da lì era derivata una furibonda lite col padre, che non ne voleva sapere che la figlia frequentasse un tale individuo.. Insomma..emergono i primi moventi ed i primi sospetti.

Pare che la ragazza fosse spaventata: da chi? Non si sa. Diceva che un misterioso personaggio la stesse seguendo: viene scovato un tassista che aveva portato la ragazza: non sa dove fosse andata ma sa da dove l’avesse presa in macchina: la casa è quello di un uomo politico democratico molto influente,Daniel O’ Toole, collegato al Procuratore Distrettuale, le cui elezioni sono a breve termine.

Poi, interrogando Keplinger, si viene a sapere che era uno studente di medicina, che racconta come la sua Madeline fosse un’incompresa etc etc. Ma non dice tutto. Colt se ne accorge e mette sotto sorveglianza il centralino del palazzo in cui dimora e da qui viene confermato il suo sospetto: il giovane parlando alla sorella afferma di non aver detto tutto. Morale della favola: Keplinger viene fermato.

Dalle indagini si viene a sapere che:

– l’uomo politico ha distrutto un maglione sporco di sangue nella caldaia del suo palazzo;

-un uomo fantomatico seguiva Madeline;

-Madeline si era incontrata con un’altrettanta fantomatica signora all’Hotel Waldorf Astoria..;

-Keplinger risulta essere innamorato della sorella di Madeline;

-La sorella di Madeline, Verna, frequentava sedute spiritiche;

-nella camera di Keplinger viene trovata una pistola, una 32 che risulta essere compatibile con quella che ha sparato;

-Keplinger non ha alibi, mentre quello della sorella Josephine, che aveva detto di essere stata ricoverata in quel tempo, risulta fasullo, perché risultata dimessa dall’ospedale la sera prima dell’omicidio;

-l’uomo politico democratico, aveva una figlia compagna di Madeline: durante una gita, l’auto aveva subito un guasto e mentre la figlia andava a cercare aiuto e lui restava con Madeline, questa mentre lui si era appisolato, si era ubriacata. Così il padre di Madeline, in base alle testimonianze di coloro presso cui l’auto era stata trasportata per le riparazioni, pur conoscendo la figlia e sapendo che lui non c’entrava nulla, l’aveva ricattato, minacciandolo di rivelare lo stupro della ragazza (che non era più vergine..ma da tanto tempo!) e l’ubriacatura, tutte cose che avrebbero distrutto la sua carriera politica. Per molti anni l’aveva ricattato. Ed ora che la ragazza era arrivata alla maggiore età, il padre voleva che fosse lei a continuare a ricattarlo;

-nel bagno di casa Keplinger vengono ritrovati strumenti chirurgici e delle macchie di sangue vicino alla vasca da bagno;

– si scopre che la signora dell’Hotel era la sorella di Keplinger, fermamente decisa ad impedire in qualsiasi modo le nozze tra il fratello e Madeline;

-interrogati gli spiritisti, e soprattutto la medium Eva Lynn, Colt scopre che la voce che le aveva rivelato dove trovare la cassa con le ossa umane, non l’aveva sentita in trance né tantomeno l’aveva sognata, ma era una presenza nella sua camera; tuttavia la cosa strana è che nel momento in cui lei sentiva queste cose era sola: non c’era nessun altro, nemmeno il marito, e la porta era chiusa da un catenaccio internamente. Vien fatto un sopralluogo: se ad un primo tempo si pensa ad un microfono occultato e collegato al cavo dell’antenna, si scopre che la derivazione era ricoperta da una ragnatela, segno che era stata posta all’angolo della finestra un tempo antecedente all’arrivo dei Lynn. Questo spinge Colt a esaminare più approfonditamente la stanza, trovando un pannello rimovibile ed un foro al suo interno che comunica con l’appartamento adiacente.

Insomma come si vede, molti sospetti e poche prove.

Colt capisce chi sia l’assassino/a, ma non può provarlo.

E allora tenta il tutto per tutto: affidandosi all’improvvisazione, saputo che O’Toole è morto per strada per un infarto, fa sapere in giro invece che l’uomo è stato ferito mortalmente per strada mentre gli stava portando la prova che lo scagionava, accusando il vero assassino. E così davanti al cadavere viene messo un microfono: Colt dice che sta dicendo il nome dell’omicida prima di morire, e l’omicida si rivela dicendo di non aver ucciso per volontà. Chi sarà mai?

Abbot comincia questo romanzo riallacciandosi idealmente all’inizio di About the Muder of the Clergyman’s  Mistress, secondo suo romanzo, in cui viene trovato un cadavere non identificato. Dal ritrovamento partono le indagini: l’atmosfera in entrambi è sinistra con delle punte di “macabre” che in About the Murder of a Startled Lady raggiungono toni parecchio accentuati. Se tuttavia potremmo dire che l’inizio sia pressappoco simile, da quel momento in poi i due romanzi divergono profondamente.

Diciamo subito che l’assassino si immagina molto tempo prima chi possa essere: Abbot si discosta abbastanza sensibilmente dai primi romanzi, laddove la rivelazione arrivava nelle ultime pagine.

E’ una cosa risaputa infatti che i romanzi di Abbot seguano due distinte maniere di concepimento: i primi quattro romanzi (scritti tutti entro il 1932) sono più o meno tutti riconducibili al vandinismo (plot molto spettacolari, rivelazioni nelle ultime pagine, descrizioni particolareggiate, indagini in luoghi ben definiti, struttura del romanzo in cui si conceda molto alla deduzione del soggetto e poco alle prove scientifiche): About the Murder of Geraldine Foster (1930), About the Muder of the Clergyman’s  Mistress (1931), About the Murder of the Night Club Lady (1931), About the Murder of  the Circus Queen (1932); quelli che vengono scritti a partire dal 1935, se ne differenziano: plot meno spettacolari anche se sempre complessi, la deduzione viene messa in un angolo a favore di una indagine più serrata, lo stile è meno elaborato e più fluido, le prove scientifiche trovano sempre più spazio nell’indagine poliziesca: About the Murder of a Startled Lady (1935), About the Murder of a Man Afraid of Women (1937), The Creeps (1939), The Shudders (1943).

L’abbandono del vandinismo lo si nota chiaramente anche nell’abbandono della formula costruttiva del titolo, cosa che è sensibilmente tipica sia dei romanzi di S.S. Van Dine, sia di quelli di Ellery Queen fino a  Halfway House, “La casa delle metamorfosi”(il cui primo titolo sarebbe dovuto essere The Swedish Match Mystery): se è visibile a partire dal 1937, è però altrettanto vero che già prima di quella data Abbot aveva mutato il suo stile nella realizzazione di un romanzo poliziesco: più spazio all’indagine della polizia (già Abbot tende a differenziarsi da Queen e Van Dine, nel momento in cui crea il suo primo romanzo, in quanto il protagonista non è un dilettante colto e snob, quanto addirittura il Capo della Polizia: se in Van Dine la Polizia era rappresentata da chi era spalla semmai dell’investigatore, vero deus ex machina dell’indagine, nella figura del Procuratore Distrettuale Markham, e in Ellery Queen dal padre dell’investigatore, un Ispettore di Polizia; e se in altri autori, nati nel solco del vandinismo, il primo detective era sempre un investigatore proveniente da classe agiata, colto, e che aiuta la polizia (Rufus King, Stacey Bishop, Rex Stout, Rufus Gillmore), bisogna riconoscere ad Abbot l’aver inaugurato un altro filone vandiniano cui si uniformeranno altri autori, per esempio il Charles Daly King del Tenente Lord, il cui primo romanzo risale al 1932, Obelists at Sea, “In alto mare”. E’ curioso riscontrare, ma evidenzia evidentemente un mutamento di gusto a partire dalla abbondante seconda metà degli anni trenta, il fatto che sia Abbot, sia Ellery Queen, sia lo stesso C.Daly King, tutti autori nati nel solco del vandinismo puro, mutino il modo di costruire il titolo del romanzo: infatti anche C.Daly King, di cui parleremo un giorno più approfonditamente, presenta sino al 1935 la ricorrente ripetizione “Obelists” cui segue il sostantivo che identifica il romanzo, datando invece dal 1937, più o meno gli anni in cui gli altri due mutano il loro modo di intitolare le proprie opere, il cambiamento di intitolazione: di quell’anno è infatti  Careless Corpse: A Thanatophony.

Quello che emerge da “Il mistero di Madeline”, è l’azione investigativa che non è riservata esclusivamente all’investigatore di turno, quanto è la sommatoria di tutta una serie di indagini parallele che possono portare fuori strada ma anche a risultati concreti: Abbot inaugura in sostanza una specie di Procedural, che alleggerisce di molto la lettura, in quanto pur non essendo un Hard Boiled, gli si avvicina notevolmente, in quanto “ad azione”: è chiaro come questo nuovo genere tendesse in taluni scrittori ad influenzarne gli esiti creativi: Tuttavia, se la lettura risulta facilitata di molto, è altrettanto vero che la spettacolarità del plot subisce un colpo decisivo: l’atmosfera delittuosa non è mai la stessa che ci si possa aspettare e riscontrare nei primi suoi due romanzi, o anche nel terzo.

Il romanzo è stato purtuttavia, come dicevamo nella presentazione, scelto da Roland Lacourbe per la sua 99 Novels for a Locked Room Library: c’è quindi una Camera Chiusa? Sì, ma pur essendo importante per la soluzione, per gli sviluppi che ne conseguono, non è tuttavia collegata strettamente al delitto in quanto tale: se proprio devo esprimermi, secondo me la scelta di questa camera chiusa mi sembra essere stata un po’ forzata, come se non si trovasse altra novella che per tutti quanti i presenti potesse essere inserita appieno nella lista. Del resto la presenza di un foro che comunica con l’altra stanza, occultato da un pannello rimuovibile, all’interno di un armadio a muro, mi sembra un particolare alquanto risibile, perché si possa parlare di Camera Chiusa: è come se si introducessero d’amblè  anche i passaggi segreti, tra i modi per cavarsi d’impaccio!

Tuttavia l’impossibilità manifesta è data da un catenaccio che chiude internamente la porta, dall’assenza di altre persone al di là della medium, dal fatto che un qualsiasi microfono da collegarsi magari  al cavo dell’antenna della radio non fosse stato ritrovato e che ci fosse addirittura una ragnatela sul cavo di rame esterno alla finestra a significare che nessuno avesse trafficato da parecchio tempo, da ben prima che arrivassero ad abitare lì i Lynn. La presenza di una ragnatela collega idealmente questo romanzo ad uno di Halter (La tela di Penelope, nel titolo italiano) in cui la tela di un ragno, su una finestra, è tuttavia connessa direttamente alla camera chiusa.

Se tuttavia metto in dubbio che questa camera chiusa potesse a tutti gli effetti competere con tutte le altre presentate in quella lista, è soprattutto però per un ragionamento psicologico: Carr, seppure statunitense era britannico di adozione, e gli inglesi hanno alle spalle tutta una letteratura sovrannaturale (letteratura fantastica, gotica, ghost-story) in virtù della quale la situazione impossibile di una Camera Chiusa, se viene razionalmente successivamente ricondotta ai recinti della ragione (salvo proporre una parallela soluzione ne La Corte delle Streghe), inizialmente a ben donde può avere una caratterizzazione sovrannaturale: si realizza pertanto quello scontro tra opposte nature, che determina uno sviluppo interessante dell’azione, all’interno della trama; pertanto anche uno sviluppo come quello messo in atto da Abbot, nel caso fosse stato praticato da Carr, forse, dico forse però, avrebbe potuto avere una scusante. Per Abbot, invece, statunitense anche lui, Thatcher Colt è un personaggio troppo razionalista e troppo sprezzantemente antispiritualista perché un espediente del tipo “seduta spiritica” potesse qui, in questo romanzo, avere un’influenza sul lettore, e sull’atmosfera del romanzo. Così se una seduta spiritica si verifica in Carr o in Christie, il lettore prova una certa inquietudine; se la stessa si verifica in Abbot, almeno in questi primi romanzi, il lettore non pensa minimamente alla possibilità che la seduta spiritica possa essere stata vera, e dà per scontato che la voce sentita sia stata il prodotto di qualche marchingegno nascosto.

Ecco perché a parità di situazioni impossibili, a me risulta essere molto più interessante come Camera Chiusa, quella presente in About the Murder of the Night Club Lady (1931) che, pur derivando dalla trovata inventata da Edgar Wallace ne The Four Just Men (1905), se ne differenzia parecchio.

 

Pietro De Palma

Anthony Abbot: Il mistero di Madeline (About the Murder of a Startled Lady, 1935) – I Classici del Giallo Mondadori N.1152 del 15/2/2007ultima modifica: 2011-09-16T16:54:00+02:00da lo11210scriba
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