Pierre Boileau : L’assassino invisibile (L’assassin vient les mains vides, 1945) – trad. Aldo Albani – I Grandi Gialli Pagotto, N°15 – Anno III – Milano, 1951

assassino 001La Società Editrice Pagotto, se mai ha avuto un pregio, è stato quello di aver cercato, in un periodo, in cui il Giallo in Italia si dimostrava tenacemente anglofilo, di invertire il senso della tradizione, cercando oltralpe dei validi sostituti al giallo d’Albione.

Ovviamente, diciamo noi, avrebbe potuto raccogliere ben altra messe, magari attingendo a Lanteaume o a Vindry; invece egli si accontentò di pubblicare gran parte della produzione di Steeman, autore che in quegli anni era al massimo della conoscenza e della fama in Italia, e qualcuno degli autori francesi che si erano segnalati maggiormente: tra questi, Decrest e Boileau, e minori, come Duvic, Renard, Mandelstamn, Ashton, Mc Orlan. Pubblicò persino, come battistrada, il primo romanzo di Pierre Very, altro grande romanziere francese, di cui nelle Palmine Mondadori era stata pubblicata la sua Camera Chiusa, Le Vipere di cristallo  (Les Quatre Vipères), molto famoso in Francia, il cui primo romanzo, Le Testament de Basil Crookes, quello presentato come primo romanzo della serie Pagotto, aveva meritato il Prix du Roman d’Aventures .

Di Boileau, vennero pubblicati in codesta serie ben otto romanzi (precedenti come periodo, alla sua collaborazione con Thomas Narcejac): tra questi, anche, L’assassino invisibile,L’assassin vient les mains vides ” (1945).

Come altri romanzi di Boileau, anche questo comincia senza una introduzione: Brunel e il suo accompagnatore (che narra come di consueto le vicende) mentre sono per strada, vengono quasi investiti da un’auto sparata sulla strada come se fosse ad un Gran Premio automobilistico. Il guidatore, dopo essersi scusato, riconosce nel compagno di Brunel un suo commilitone e la stessa cosa accade a questi nei confronti di quello. Fatto sta che dopo avergli inviato tutti i gastemi di questo mondo, poco manca che l’amico di Brunel lo soffochi per gli abbracci e per la felicità. Anche costui, Georges Durban, è tanto felice, da invitarli al miglior caffè degli Champs Elisées, dove farà conoscere ai due il cugino, Alex Fontaille. Costui, nipote di una possidente, Apolline Fontaille, che l’ha cresciuto come un figlio, si è unito sentimentalmente con una nota ballerina di locali notturni parigini, Monique Clerc. Sin dal primo momento, dimostra di essere tutt’altro che sereno e ciononostante insiste perché i due amici del cugino, che egli non ha mai conosciuto personalmente, ma conosciuto per sentito dire, vadano con lui alla tenuta della zia, Les Chaumes.

Mentre stanno a Parigi, Brunel si accorge che qualcuno li sta tenendo d’occhio, e più tardi riconosce in costui il domestico personale della vecchia Apolline, Simon.

La vecchia, appena arrivati, nonostante Alex sia il suo nipote prediletto, non lo saluta, mentre maltratta l’altro nipote, Georges reo di non averla frequentata negli ultimi tempi, e accoglie i nuovi venuti con molte smancerie.

Avute le stanze, dopo cena, Brunel, Pierre, Alex e la fidanzata, decidono di giocare a bridge, dopo che hanno fumato e bevuto, mentre Georges fa un giro fuori, nel giardino. La vecchia chiede ad Alex di passare a fare un’ispezione e di chiudere tutto, cosa che Alex fa, per poi tornare dai compagni: mentre tuttavia stanno giocando, sentono delle grida altissime, provenire dal primo piano, dalla stanza della vecchia. Lanciatisi per le scale, la trovano pugnalata, in un lago di sangue: mentre Alex resta a vegliare il cadavere della zia, Brunel e Pierre si dividono i compiti: uno va sopra e uno giù: Pierre appura che se mai qualcuno fosse entrato dal di fuori in casa, si sarebbe trovato davanti Gustave, che stava rimettendo a posto il vasellame e le posate usate per la cena, quindi l’assassino può essere andato solo sopra, al secondo piano, dove non trovano nessuno. Dal secondo piano, è sceso solo Simon, il domestico personale di Apolline Fontaille, fidatissimo, con i piedi nudi nelle pantofole e la veste da letto infilata alla bell’e meglio nei pantaloni: a meno che non sia lui l’assassino, questo deve essersi volatilizzato: infatti, anche se la finestra era aperta, essendo estate, l’assalitore non può essersi calato, perché sull’edera che si abbarbica sulle pareti esterne, non si nota nulla che possa far supporre tale ipotesi. L’assassino, se non è Simon, si è volatilizzato. Ma perché Simon avrebbe ucciso la vecchia? Non aveva nessun motivo per farlo, tanto più che percepiva un salario altissimo, non commisurato alle sue mansioni: se in un primo tempo si sospetta un ricatto, poi si viene a sapere che Simon era carissimo alla vecchia che lo aveva allevato da quando era piccolo, salvandolo dalle grinfie di genitori snaturati che lo bastonavano senza pietà pur in tenera età, e lui aveva sempre ricambiato con dedizione e affetto la cura della sua padrona. Quindi, Simon è da escludere: ma allora dov’è finito l’assassino? E cosa stava facendo Simon a Parigi? E’ chiaro tuttavia che egli debba conoscere qualcosa che non intende rivelare, che possa esser messo in relazione con l’omicidio della vecchia.

Dall’esame del corpo della vecchia, che è indubbiamente morta, si scoprono due ferite molto vicine, segno di due pugnalate: l’arma è un tagliacarte affilatissimo, trovato vicino al copriletto, con un manico intarsiato, tanto da eliminare la possibilità che su di esso possano trovarsi impronte.


http://www.journaux-collection.com/

In attesa che l’indomani arrivino i poliziotti, Pierre dovrà vegliare, alternandosi a Brunel, il cadavere della vecchia, nella sua stanza. Ma, Pierre si addormenta;  ad un certo punto, tuttavia, si ridesta, sudando dalla tensione, perché si accorge che nel buio della stanza, c’è qualcun altro che si muove: vorrebbe fare qualcosa ma non ha armi e quindi pensa al da farsi, mentre l’altro sta prendendo delle carte, di cui sente il fruscio. D’improvviso, si ricorda del campanello elettrico che la vecchia aveva fatto sistemare nella sua camera, che usava per chiamare Simon: lo preme ripetutamente, e poco dopo sente qualcuno che bussa alla porta. Dopo il suo invito a entrare, l’interruttore della luce viene premuto, la luce si irradia nella stanza: Simon è sulla porta. Ma oltre lui, Pierre, nella stanza c’è solo il cadavere della vecchia: a meno che essa sia un vampiro, anche stavolta il misterioso visitatore si è volatilizzato.

Possibile che vi sia un passaggio segreto? Impossibile. Tutti negano che vi sia. E allora? Come ha fatto il visitatore ad eclissarsi? Brunel è dubbioso, ma Pierre insiste. Inoltre ha sentito un fruscio ed un rumore caratteristico, come di qualcosa che fosse stato aperto. Brunel ha un’illuminazione: il secretaire. Lo aprono, e lì, da un cassetto, vedono uscire una carta: è un testamento olografo che sostituisce un altro precedente: in esso Georges Durbans viene nominato unico erede. A questo punto, se mai si era fatta strada la possibilità che fosse lui l’assassino (del resto era nel giardino, era l’unico che del gruppo, non fosse assieme a Brunel e Pierre) ora diventa una possibilità più reale, anche se Georges sembra tutto fuorchè un assassino. La cosa strana è che la vecchia aveva prima di allora redatto altro testamento che nominava Alex suo erede universale: perché quel testamento allora? Brunel si maledice di non aver esaminato subito dopo il ritrovamento del cadavere il secretaire, perché ora doppia è la possibilità: perché il visitatore ha aperto il secretaire? Chi ha messo quel testamento, vergato con calligrafia che sembra quella della vecchia ma tremolante, come se la mano che l’avesse buttata giù non fosse stata del tutto sicura: la stessa Apolline Fontaille o l’assassino? In altre parole è un testamento vero o falso?

Nenche il perito calligrafo nominato l’indomani per dare un giudizio, si sbilancia di molto: sembrerebbe essere della vecchia, ma poi non è del tutto sicuro.

Mentre non si riesce a cavare un ragno dal buco dalla morte dell’anziana donna, e Brunel teme che qualcos’altro possa accadere (e vedono che dalla camera di Simon in pieno giorno esce del fumo come se stesse bruciando qualcosa, che poi riescono con un tranello a verificare cosa sia, cioè della corrispondenza con Monique pare), ecco che un secondo delitto, turba l’atmosfera: viene ucciso Alex, anche lui pugnalato al cuore da un tagliacarte molto simile al primo. Pierre vede un’ombra che si cala dalla finestra, si butta addosso, ma quello lo evita, invece di uccidere anche lui: perché mai ha rischiato di essere preso, se ha prima ucciso un uomo, ed ora invece non ha voluto aggredire Pierre?

Brunel. Indaga e scopre che quell’ombra era qualcuno che si era incontrato con Alex: che era il primo marito di Monique, un gentiluomo. Se non è stato lui ad uccidere Alex, chi è stato? Simon, Monique, Gustave , Brigitte, o Georges? Siccome è stato escluso che per la forza necessaria a sferrare quella pugnalata sia stata una donna, rimangono tre uomini: Gustave, Simon o Georges?

Per di più, Alex, prima di essere trovato ucciso, aveva chiuso con due scatti la porta e di questo Pierre era sicuro, perché aveva sentito distintamente i due scatti: ma poi, dopo la scoperta del cadavere di Alex, hanno trovato la porta di casa non più chiusa a mandate: il che significa che vi è un complice oltre che un assassino, che evidentemente non sa che l’assassino è scappato dalla finestra, perché evidentemente il piano presumeva che egli dovesse scappare attraverso la medesima uscita, per cui sicuramente dovrà ridiscendere per chiudere la porta ed impedire che si possa pensare  a lui come complice, a meno che egli non sia Simon, che in quanto maggiordomo, ha anche il compito di chiedere e aprire la porta di casa di mattina. Si mettono d’accordo per vegliare la porta così da beccare il complice oppure no, nel qual caso sarebbe vera l’altra ipotesi. Nessuno scenderà. Brunel, dopo una notte insonne, riuscirà a dare un nome all’assassino e a risolvere l’enigma, scoprendo come la veste da camera della donna presenti non due ma un solo taglio, cosa non opportunamente vagliata in sede di ricostruzione del delitto. E anche ad assolvere dall’accusa di complicità nell’assassinio di Alex, Simon.

Romanzo estremamente godibile, si basa su un Delitto Impossibile, e su una Camera Chiusa, da cui un ladro è stato capace di volatilizzarsi.

Alla base dell’enigma è la risultante del ragionamento di Brunel: “i fatti si presentano così: l’assassino si presenta ai suoi…nemici senza sapere esattamente ciò che farà, e questi temono terribilmente quella visita, senza tuttavia potere prevedere come si svolgerà. L’uno non ha armi per uccidere, gli altri non ne hanno per difendersi”. Infatti per due volte l’assassino ha usato qualcosa che era in casa, e quindi, non era premeditato che uccidesse, altrimenti avrebbe portato con sé un’arma. Eppure deve avere un complice, e quindi ha premeditato di introdursi in casa. E per che fare?

Boileau, come altre volte, si arrampica sugli specchi: dimostra un virtuosismo ineguagliato ( eguagliato solo da Vindry e da Lanteaume), nel proporre un problema e la sua soluzione, avendo a disposizione pochi ingredienti, cosa che del resto è un po’ la tipicità dei romanzi francesi del periodo: insistere sul mistero, proporne uno o più abbastanza allettanti, senza invece allargare la rosa dei sospettabili, perché non dalla contrapposizione di alibi e moventi deve uscire la soluzione, ma dalla proposizione del problema in sé, in quanto in sostanza è su questo che il plot e le sue variazioni, si regge. Inoltre altre due differenze con quello anglosassone si manifestano: innanzitutto non vi è mai una vera e propria introduzione, in cui matura il delitto, che invece è caratteristica tipica del romanzo poliziesco britannico (ma non di quello americano); e quindi , come conseguenza di ciò, il romanzo poliziesco francese, e in particolar modo quello di Boileau, basa la propria trama su qualcosa che avviene casualmente, senza che il lettore abbia assistito o sappia già o almeno immagini per quale motivo un determinato delitto si sia consumato: è un romanzo, potremmo dire, di tipo poliziesco-avventuroso, erede delle atmosfere da feuelliton, un feuelliton drammatizzato, di Leroux e Leblanc; seconda differenza, direi, è insita nel fatto che, mentre il romanzo poliziesco britannico, proprio per differenziarsi da quello d’appendice, in cui se c’era un delitto, bisognava cercare la donna e il maggiordomo, tende a presentare tra i sospettabili tutti i possibili personaggi con l’esclusione dei domestici (e questo sostanzialmente per un classismo sociale, quasi razzistico,  che presenta i domestici  un gradino più in basso rispetto alla nobiltà o all’alta borghesia, l’unica che potesse consumare un delitto perfetto, che per intelligenza non poteva essere appannaggio di un ordine sociale inferiore), nel romanzo poliziesco francese, come conseguenza del fatto che domestici, padroni, poliziotti, giudici istruttori, tutti nell’ambito delle proprie mansioni sono cittadini della repubblica, anche i servitori sono sospettabili al pari dei padroni. Questo, allarga la rosa dei sospetti, che però, come abbiamo riferito precedentemente, è sempre abbastanza contenuta. Questo porterebbe ovviamente ad un lavoro più semplice per i detectives, e quindi c’è la necessità di voltare e rivoltare la matassa, non solo per allungare il brodo (non a caso i romanzi francesi dell’epoca non sono così lunghi come quelli anglofoni) ma anche per non attenuare la tensione narrativa che altrimenti si infiacchirebbe naturalmente.

Nel caso di questo romanzo, le peculiarità, oltre che insistere sugli argomenti che abbiamo testè sottolineato, rivelano un ragionamento sottilissimo, un vero e proprio virtuosismo della deduzione e del sofismo, vorrei dire di tipo alessandrino- bizantino: in grado di rivoltare il problema dando di ciascun fatto due o più possibili soluzioni, da cui derivano altrettante diverse risultanze, che riguardano qui soprattutto: il testamento, vero o falso (potrebbe essere che l’assassino avesse creato uno falso per creare un colpevole perfetto, cioè Georges; oppure è falso perché inserito da Georges, oppure è vero, e allora  è stato inserito tempo prima dalla vecchia Fontaille); il ladro invisibile: come ha fatto a sparire; il problema sulla serratura della porta d’entrata e sulle due mandate e su un possibile complice; il problema dell’esistenza di due ferite e del fatto che la veste da camera presenti un solo taglio; come ha fatto a sparire l’assassino; perché Alex ha cercato di difendersi con un ceppo di legno preso dal caminetto (questo gli è stato trovato stretto nella mano); come mai non esiste un complice; cosa l’assassino o il ladro hanno preso dal secretaire.

Così facendo Boileau riesce a tenere la tensione molto alta, e se fino a quel momento il lettore ha avuto pochi sospetti e quindi in sostanza è stato portato a concentrare la propria attenzione su pochissimi, perché due Alex e Monique sono  tenuti fuori dalle indagini proprio perché giocavano assieme a Brunel e Pierre, a bridge (un gioco che compare spesso in romanzi dell’epoca, da De Angelis ad Agatha Christie, da Dorothy Sayers a Stanislas-André Steeman), proprio durante la soluzione, in cui catarticamente la tensione dovrebbe cadere, in questo di Boileau, essa invece si accresce spasmodicamente perché in un finale assolutamente inaspettato, avviene tutto ed il contrario di tutto. E tutto viene spiegato, sia come un assassino ed un ladro, persone diverse, possano svanire in ambienti circoscritti senza che essere scoperti, sia come in un assassinio in cui non può non esserci un complice, esso invece manchi; e come infine Simon, pur non essendo l’assassino e tantomeno il complice dell’assassino nell’omicidio di Alex, è in un certo senso complice di altro assassino, quello della vecchia, pur non potendo in nessun modo esser coinvolto nell’omicidio di questi.

Straordinario. Il modus agendi nell’assassinio della vecchia Fataille, si trova già in altro romanzo di Vindry, che verrà ripreso in un romanzo celeberrimo di Agatha Christie. Non so se Boileau avesse letto quel Vindry o la Christie, ma certo è che il delitto si spiega prendendo le mosse da uno dei due.

Comunque Boileau straordinario lo è davvero perché, e questa è la sorpresa maggiore, lungi dal creare un romanzo basato solo ed esclusivamente su indizi, proprio nella soluzione rivela un meccanismo molto cerebrale, con un risvolto psicologico assai accentuato, che concerne il modo di mischiare le carte e volgere l’attenzione del lettore, creando i presupposti perché, sulla base di atti molto ovvi, egli sia portato a credere una cosa invece di pensarne un’altra. Per dare la misura di questo meccanismo stilistico di altissimo virtuosismo, sottolineo due momenti peculiari che per me danno la misura vera della creatività e della forza del ragionamento di Boileau: la chiusura della porta d’ingresso, e la volatilizzazione del ladro dopo che Simon ha bussato tre volte alla porta della camera dove è il cadavere della signora vegliato da Pierre.

Un romanzo veramente magnifico.

Pietro De Palma

Pierre Boileau : L’assassino invisibile (L’assassin vient les mains vides, 1945) – trad. Aldo Albani – I Grandi Gialli Pagotto, N°15 – Anno III – Milano, 1951ultima modifica: 2015-04-08T23:59:27+02:00da lo11210scriba
Reposta per primo quest’articolo