Il Mistero dell’Idrovolante è una complessa Camera Chiusa che rende omaggio al romanzo deduttivo in voga negli anni ’30.
Il DORNIER-WAL 134 è il più grande degli idrovolanti di ultima generazione ormeggiati alla foce del Tevere, ad Ostia, e “per ampiezza, comodità e perfezione tecnica, poteva realmente rivaleggiare con i migliori modelli in servizio sulle linee straniere” (pag.7): è utilizzato sulla tratta di mare Ostia-Palermo, per portare 15 persone a bordo (dodici passeggeri, due piloti, ed un meccanico che può necessitare per interventi di necessità ed emergenza).
Uno dei mercanti, Sabelli, si alza e va al bagno: è un piccolo locale di un metro quadrato di ampiezza e un metro e settanta d’altezza, un buco in sostanza, con un gabinetto, ed ha un piccolo finestrino sul soffitto per aerare. Dopo di lui, si alza Vallesi che fa una passeggiata sino alla cabina di pilotaggio, separata da una porta a vetri, e ritornato dai suoi compagni di viaggio, annuncia che a bordo c’è un quasi clandestino, il Rag. Larini, che viaggia assieme ai due piloti, avendo corrotto il meccanico, che ora sta nel vano bagagli, perché gli cedesse il suo posto dietro ai due piloti, e aggiunge scherzosamente che è parecchio grasso, e potrebbe il suo peso compromettere il tonnellaggio dell’aereo. Tutti non ci fanno caso: solo il banchiere Agliati, che è pure grasso lui, sembra preoccupato: si alza e va al bagno. Dopo un po’ si vede uscire dal vano bagagli un uomo in tuta, il meccanico, che va in cabina di pilotaggio e poco dopo ne ritorna portando un involto. Intanto, un altro mercante Marchetti va al bagno: aspetta, poi ritorna indietro; poi di nuovo, finchè sbotta rivolto ai compagni sul fatto che il banchiere si sia chiuso nel bagno e non ne esca nonostante sia passata mezzora. Preoccupato Vallesi bussa ma non ottiene risposta, cerca di aprire la porta ma è chiusa, e così devono avvisare il comandante, che decide allo scalo previsto a Napoli, di cercare di portare aiuto al banchiere: ma, qual è la sorpresa di tutti quando, sfondata la porta, che risulta essere chiusa dall’interno da un chiavistello, trovano il vano completamente vuoto: dov’è finito il banchiere Agliati? Volatilizzato nel cielo attraverso la finestrella, oppure spinto giù fra le nuvole attraverso lo scarico del WC? E qualsiasi sia stata la sua meta, la sua sparizione a cosa è stata dovuta? A suicidio, disgrazia o omicidio?
All’Idroscalo di Beverello, vicino Napoli, a occuparsi delle indagini è il Commissario Boldrin, che però non cava un ragno dal buco: il locale e quello che sembra, non vi sono aperture nascoste, e l’unica via di uscita sembra essere la finestrella; tuttavia l’impossibilità della situazione è data dal fatto che il banchiere era piuttosto grasso e non sarebbe mai passato attraverso una finestra piccola come quella. E allora? Boldrin non sa che pesci prendere.
In suo soccorso arriva il Vice-Questore Renzi, della Questura Centrale di Roma, nipote di un pezzo grosso del Ministero degli Interni: Renzi, letta la notizia su un giornale di Roma, chiede di essere inviato a Napoli come osservatore, in quanto son tutti romani i passeggeri, e il mezzo è partito da Roma; inoltre ha letto che tra i passeggeri c’è un suo vecchio amico, il giornalista Vallesi, compagno di bisbocce molti anni prima.
Le indagini sono estremamente complesse: Boldrin ha eliminato come cause sia la disgrazia, che il suicidio, per le impossibilità manifeste che un tipo grasso come Agliati abbia potuto issarsi fuori da una finestra molto più piccola della sua circonferenza, o sia potuto scivolare via, tanto più che l’aereo non si è rovesciato in volo e quindi non sarebbe potuto scivolare attraverso la piccola apertura posta sul soffitto. Tuttavia l’unica possibilità rimanente è di per sé impossibile a sua volta, perché se fosse stato ucciso, almeno un’altra persona ci sarebbe dovuta essere in quel minuscolo bagno, cosa che è assolutamente impossibile che sia accaduta vista l’angustia dello spazio destinato a ritirata.
Presente Renzi, tuttavia, le indagini pur non facendo luce sulla scomparsa impossibile, consentono, attraverso gli interrogatori dei testi, di stabilire che: la signora Vanna Sandrelli, la signora in rosso, ha fornito false generalità; due dei tre mercanti, Sabelli e Marchetti, commercianti di granaglie, si conoscevano, mentre il terzo, Bertieri è in realtà Pagelli, una vecchia conoscenza della polizia, e non è un commerciante ma un inviato della Banca d’Itala e Argentina, che deve concludere un determinato affare a Tunisi. Inoltre il commissario Boldrin fa una scoperta: perquisendo i bagagli dei passeggeri, si accorge che in una delle valigie di Sabelli, sulla fodera spicca una sequenza di numeri: sembrerebbe un codice, ma poi si ipotizza (e viene confermato dalle indagini successive) che siano più numeri telefonici messi uno accanto all’altro. Pur non sembrando avere alcuna connessione col resto degli eventi, cercano di dare una paternità a quei numeri ed ecco che una delle sequenze stranamente porta ad uno dei Vice-Direttori della Banca d’Italia e Argentina.
Mentre si sta cercando di venirne a capo, un altro fatto delittuoso turba l’opinione pubblica: Marchetti che si sarebbe dovuto incontrare con l’amico Sabelli alla stazione di Napoli per proseguire per Palermo (cosa che avrebbero fatto altri passeggeri dell’idrovolante, bloccato per le indagini a Napoli) non lo trova e allora su indicazione avuta precedentemente dallo stesso, avendo le sue valigie, le mette al posto dell’amico, in attesa che sul treno si faccia vivo. Ma di Sabelli nessuna traccia, finchè a qualcuno non viene in testa di aprirle alla presenza di Marchetti ed in una di esse ne trovano in mezzo a segatura, le braccia e la testa . Marchetti viene messo in stato di fermo per omicidio, ma non sa nulla, almeno così dice; e nel frattempo, qualche ora dopo viene scoperta un’altra coppia di valigie, uguali a quelle di Sabelli nelle mani della polizia, sul treno Napoli-Brindisi, in cui viene trovato il tronco, e le gambe di Sabelli.
Ha connessione la morte di Sabelli con quella di Agliati, sempre però che sia morto?
Un altro fatto strano avviene: in Corso Italia a Roma, dove Renzi è ritornato, un ufficio è stato messo a soqquadro, ma la cosa strana è che non manca nulla. Renzi per un caso viene invitato ad occuparsene, e in una stanza trovata chiusa dal di dentro, trovano delle casse piene di segatura, mentre in un’altra, Renzi trova vicino ad un telefono un numero che s’inquadra nella stringa di numeri trovata nella valigia di Sabelli , mentre risultano scomparsi tutti gli asciugamani nel bagno. Renzi ipotizza sia stato quello il luogo dove Sabelli è stato ucciso e fatto a pezzi. Successive indagini consentiranno di ricostruire la dinamica dei fatti che gira tutta attorno alla Banca d’Italia e Argentina, e ai rapporti col banchiere Agliati, non prima che qualcuno abbia cercato di uccidere la stessa moglie di Agliati e la figlia quattordicenne, nei pressi di Villa Borghese.
GiorgioVallesi propone una propria soluzione al mistero della scomparsa di Agliati: egli non sarebbe stato in realtà grasso ma solo avrebbe usato un salvagente a ciambella moderatamente gonfio; una volta entrato nella ritirata, attraverso il finestrino, essendosi sbarazzato del salvagente facendolo volare via, si sarebbe issato e camminando sulla carlinga esterna dell’idrovolante (ipotesi pazza) sarebbe riuscito ad introdursi nel deposito bagagli, attraverso la porta esterna che può aprirsi anche dall’esterno; lì dentro, avrebbe comperato il silenzio del meccanico, che sarebbe uscito e rientrato con un pacco, che a detta di Vallesi sarebbe potuta essere una tuta da meccanico; in quella veste, mentre gli altri fossero stati intenti a buttare giù la porta, sarebbe uscito dall’aereo. Tuttavia la soluzione di Vallesi ha delle pecche evidenti: il molo di Beverello era supersorvegliato dalla polizia e nessuno oltre i presenti era uscito dall’idrovolante; inoltre viene confermato dalla testimonianza dei piloti, che il meccanico non aveva portato altro con sé nel deposito che un pacco, e che questo conteneva non una tuta ma una pagnotta di pane, e frutta, come attestano i noccioli di pesca trovati nel vano bagagli.
Partendo dall’ipotesi di Vallesi, salvando quello che ritiene interessante e rigettando il resto, Renzi riuscirà a risolvere il mistero della Ritirata Chiusa, a trovare la vera identità di Agliati, con un passato di imbroglione e profittatore, a ricostruire quella di un altro suo ex compare divenuto un personaggio importante della finanza, che temeva le rivelazioni del suo ex amico, e ad arrestarlo, in compagni di altri membri della banda, dopo un inseguimento assieme al Questore di Roma, vicino a Frosinone, in un campo dove stavano occultando una cassa contenente i resti del banchiere Agliati.
Movimentato giallo italiano, Il mistero dell’Idrovolante (o dell’Idroplano, come pare fosse stato intitolato da Wollemborg/Vailati) , è un omaggio al giallo deduttivo anni ’30. Complesso e anche difficile in taluni passaggi, per esempio quello relativo al ragionamento circa le due coppie di valigie contenenti i resti umani di Sabelli, in base al quale viene assolto il più probabile degli assassini, Marchetti, che per di più ha ammesso che la valigia contenente la testa, pur essendo dell’amico, era in suo possesso, il romanzo a parer mio ha tuttavia due grandi pecche: manca di atmosfera e l’assassino non è uno dei passeggeri, cioè degli attori del dramma.
Sarebbe potuto essere un bel romanzo, se avesse posseduto un’atmosfera , e invece sembra essere invece una cronaca giornalistica, nuda e cruda, un mero esercizio di genere, un divertissement, e come tale deve essere visto, con ritmo certo e anche tensione, e in certo modo scanzonato e leggero. Probabilmente perché è un omaggio alla moda del giallo, senza che l’autore ne sentisse il trasporto o la passione, o il bisogno forse, in cui la parte predominante è svolta dal ragionamento deduttivo che è sì freddo ma anche virtuosistico nelle sue elucubrazioni e nelle ipotesi. L’autore era un giornalista, e il romanzo pare talora qualcosa più d’una cronaca: quello che gli manca è l’afflato del romanziere che riesce, attraverso la propria vena innata o attraverso dei trucchi di stile, a creare un’atmosfera in ragione della quale il lettore sia avvinto. Che qui non c’è. Su questo piano, il romanzo perde il confronto con il più disastrato di quelli di De Angelis (sempre che esista) o anche con Varaldo che, con tutti i “se” e i “ma”, era uno scrittore di mestiere e non un giornalista imprestato alla narrativa.
Tuttavia, dicevamo, altra pecca che può esser vista beninteso come una genialata, secondo me è il fatto che l’assassino non sia uno dei passeggeri: non mi pare di poter dire che Wollemborg potesse aver letto Obelists Fly High di Daly King o viceversa (e questo sarebbe stato possibile se l’autore americano avesse conosciuto l’italiano), perché entrambi i romanzi sono del 1935, e la prima edizione del capolavoro di Daly King apparve in Italia, con traduzione di Franco Invernizzi, nella Collezione Poliziesca diretta e curata da Augusto De Angelis 1938 (Editrice Ariete). Stessa cosa non può dire di Wollemborg/Vailati a proposito del romanzo Death in the Clouds ( Delitto in cielo) di Agatha Christie , perché anche tale opera apparve nello stesso anno; semmai si potrà riflettere sul fatto che ben tre opere su un delitto in cielo, apparvero nello stesso anno, 1935. Però, mentre nei romanzi di King e Christie, il colpevole va cercato tra uno dei passeggeri, nel romanzo di Vailati non è così: e allora come è stato ucciso e trasportato via, Agliati? Ecco questo è il perno del ragionamento, che è a mio modo di vedere una vera perla. Ancora una volta devo , però, ragionare sul fatto che le più belle Camere Chiuse, almeno le più spettacolari, sono quelle che non nascono da una coincidenza o da un imprevisto o dall’azione solo dell’assassino, ma da una messinscena operata con l’ausilio più o meno collaborativo se non proprio complicità di uno o più soggetti, operando un vero e proprio gioco illusionistico.
Da questo punto di vista, il romanzo di Wollemborg/Vailati posso dire che avrebbe fatto invidia a Christianna Brand, autrice di Tour de Force, romanzo di qualche anno dopo, che ricorre alla stosso tipo di messinscena. E per altro particolare, attinente alla tecnica del delitto impossibile, avrebbe fatto invidia al John Dickson Carr, autore del posteriore The Crooked Hinge.