Honda Tetsuya (誉田 哲也,) : Omicidio a Mizumoto Park (ストロベリーナイト, 2006 ) – trad. Cristina Ingiardi. Piemme, 2023

Honda

Il buon Luca Conti è il mio pozzo senza fondo: senza esagerare, mi ha passato almeno un migliaio di romanzi in ebook, e molti francamente non li ho neanche aperti.

Due settimane fa, me ne ha regalato uno giapponese: OMICIDIO A MIZUMOTO PARK, di Tetsuya Honda, autore  a me sconosciuto, anche se poi ho letto nelle note di copertina, abbastanza famoso in Giappone con quasi 5 milioni di copie vendute. Francamente fino ad allora, l’unico Tetsuya che conoscevo era Tsurugi Tetsuya, allevato dal Professor Kenzo Kabuto, per guidare il Grande Mazinga. Ora invece posso dire che questo Tetsuya Honda è un altro grande scrittore giapponese del genere poliziesco, e non c’è nessuna stranezza a riguardo, visto che per me i più grandi scrittori ed originali del genere, sono nipponici.

Omicidio a Mizumoto Park, dovrebbe essere il primo di una serie di romanzi di Honda, pubblicati nel prossimo futuro in Italia, che si incentrano sulla figura dell’Ispettrice della Squadra Omicidi di Tokyio, Reiko Himekawa. E data la bellezza del primo, è da augurarsi che la serie venga continuata.

E’ un romanzo che si svolge a Tokyo, nel mese di agosto: cinque parti di cui le prime tre, anticipate nella sostanza da una specie di prologo, con cui quello che si capisce che sarà l’omicida, porta a termine l’omicidio dei suoi genitori, tossici e delinquenti perduti, bruciandoli poi assieme alla casa; entra poi in una gang; e infine con il nome di F, diventa il killer di una attrazione nota come Strawberry Night. In queste specie di prologhi, almeno a primo acchito, dal tipo di linguaggio molto crudo e diretto, sembrerebbe trattarsi di un romanzo legato idealmente all’hardboiled oppure alla Crime fiction contemporanea americana, e invece..leggendo il resto delle cinque parti di cui si compone il romanzo, si può senza dubbio affermare che si tratti di un precedural, che nelle movenze è lento come lo sono le indagini molto complesse e difficili, e poi nell’ultima parte improvvisamente si sveglia e acquista ritmo fino al finale assolutamente originale, almeno non in linea con quello che ci si sarebbe aspettati a metà libro.

Per la cupezza della narrazione, e per anche la descrizione impietosa della società giapponese contemporanea, e dello stesso corpo di polizia, ricorda certi film americani, tipo The Choirboys di Robert Aldrich e giapponesi come Tokyo Decadence di Ryū Murakami, e anche certi romanzi di Hillary Waugh per il tipo di procedural molto grigio quasi nero, pessimista.

Reiko Himekawa è una ventisettenne ispettrice della Polizia di Tokyo, benvoluta dal suo capo, il capitano Haruo Imaizumi, leader dell’Unità 10, della Squadra Omicidi: è diventata ispettrice solo con la sua volontà, ma nella ancora patriarcale società giapponese, è vista con sospetto e anche con sufficienza, anche se nella sua squadra gode di ottimo rapporto con i suoi sottoposti e coi suoi superiori. Nonostante ciò, la sua vita di ogni giorno la vede avere un rapporto molto conflittuale con i suoi parenti, in quanto non viene tanto accettata la sua indipendenza e invece si chiede a più riprese che si sposi e rientri tra le mura domestiche,. Proprio questa mancanza di simmetria tra la sua concezione di affermazione personale e sociale e quella della sua famiglia di origine, la sprona ancor di più a trovare sempre maggiori soddisfazioni nel suo lavoro in polizia.

Ecco che allora un caso che le capita ad agosto, la trova subito pronta ad immergervisi tanto più che così evita di trovarsi tra i piedi i suoi parenti: è stato trovato ad un crocicchio vicino ad un laghetto, nel Parco Mizumoto, un cadavere avvolto nella plastica, in avanzato stato di decomposizione. Si scoprirà che si tratta di un certo Taiichi Kanebara, un trentunenne di Nakano, il cui corpo completamente nudo, presenta una infinita serie di ferite più o meno gravi sino a quella mortale al collo che lo ha sgozzato. Inoltre, cosa assai strana, presenta una enorme ferita al ventre, inferta post mortem, che nessuno sa spiegare, e a riguardo si fanno le più strampalate ipotesi, anche a riguardo di droga. Perché è stato avvolto nella plastica, ma lasciato in bella vista, quando poteva essere buttato nel lago?

Se lo chiedono in molti tra cui anche l’ispettrice, che ragionando tuttavia arriva al perché della ferita. Inoltre il laghetto presenta un cartello con cui si vieta assolutamente la balneazione. E’ allora che Reiko fa auna strana associazione istintiva: collega il laghetto, con la morte qualche giorno prima di un certo Yasuyuki Fukazawa, che aveva bevuto senza volerlo dell’acqua in cui era presente una certa ameba, che poi gli aveva letteralemnte mangiato il cervello. E se fosse stato quello il laghetto in cui era presenta l’ameba? In quel caso si sarebbe potuto anche ipotizzare che Yasuyuki Fukazawa fosse stato chi avrebbe dovuto buttare il cadavere nel laghetto, ma non l’aveva potuto fare perché nel frattempo era morto. La ferita, sarebbe stato un escamotage per impedire ai gas putrefattivi di far gonfiare l’addome del cadavere, facendolo riemergere. E quindi, sarebbe stato anche possibile che sul fondale del laghetto ci fosse dell’altro. E nell’incredulità generale, Reiko riesce a convincere gli alti gradi a fare ricerche nel laghetto, che portano al rinvenimento di un altro cadavere più decomposto, perché risalente ad almeno un mese prima. Dalle impronte dentarie, si riesce a dare un nome anche a questo secondo corpo: si tratta di una brillantissima mente creativa nell’ambito della pubblicità, un certo Yukio Namekawa, un trentottenne di successo, con un numero molto alto di donne con cui faceva sesso oltre ad avere moglie ed amante. Questo tale, aveva tuttavia dei periodi in cui era molto giù, a cui faceva tutta via da contraltare degli altri periodi in cui aveva una energia sovrumana che riversava soprattutto nel lavoro. Con il prosieguo delle indagini, Reiko viene a sapere che il periodo di esaltazione di Namekawa, incominciava sempre con la seconda metà del mese, giorno in cui lui era irrintracciabile. Cosa succedeva mai in quella seconda domenica di mese? Reiko scoprirà che il tutto si collega ad un fantomatico sito internet “Strawberry Night”, irrintracciabile normalmente e situato nel cosiddetto deep internet, un sito che promette a chi lo visiona, un’esperienza indimenticabile: poter vedere morire qualcuno dal vivo, scelto a caso nel pubblico. E’ ovvio che chi non veniva scelto e vedeva morire qualcun altro, riceveva una enorme scarica di adrenalina, consistente nella consapevolezza di averla scampata e nello stesso tempo al volontà di dare tutto nel mese che sarebbe seguito fino ad un altro appuntamento con la morte dal vivo. Reiko e il partner che il suo capo ha scelto per lavorare con lei, l’ispettore Katsumata, odiatissimo da lei, si troveranno a lavorare giocoforza assieme, e dopo aver scoperto molti altri cadaveri, conosceranno una verità scomodissima, l’unica per la quale la Yazuka, essendo venuta a sapere di questo spettacolo sconvolgente, se ne era tirata fuori. E in un finale parimenti inaspettato, riusciranno a fermare omicida e complici nascosti nell’ombra.

Il romanzo di Honda, nonostante all’inizio mi avesse in qualche modo scosso con il suo linguaggio molto diretto e poco raffinato (che voleva essere poco raffinato, per tratteggiare una simile realtà), in realtà poi mi è piaciuto molto. Ricalca modelli di giallo occidentale in cui il precedural è utilizzato in indagini molto lunghe e complesse, in cui pur avendo poco come indizi, con la forza dell’intuizione e della deduzione, si riesce a ricostruire verità assolutamente poco provate, solo contando su pochi indizi. Mi verrebbero alla mente romanzi di Hillary Waugh come Sleep Long My Love, 1959 oppure A Rag and a Bone, 1954. Ma del resto gli omaggi non finiscono qui: il sito maledetto Strawberry Night, richiama con l’esecuzione di un qualsiasi membro del pubblico, di un pubblico che gode della morte, appagando anche il rischio di che si potesse essere scelti al posto del malcapitato/a legato/a al centro delle luci e torturati a morte, anche film come Hostel di Eli Roth. Si tratta in altre parole di un procedural ma dalle tinte molto nere, che sconfina anche nell’horror (di poco, ma tanto quanto basta a delineare una verità sconvolgente, connessa con la degenerazione della società nipponica, dedita al lavoro e nient’altro e priva di stimoli reali).

Al di là di questo, in certo senso è anche un romanzo sociale, perché getta uno sguardo sulla società, e i suoi modelli tradizionali che vengono talvolta a cozzare in maniera evidente con quelle che sono le istanze del modo contemporaneo: la donna, che secondo parametri occidentali, è tesa ad affermarsi sempre più, ma che non può sfuggire sia a chi la vorrebbe in casa a crescere i figli, sia a chi non sopporta che l’affermazione della donna la sottragga all’autorità maschile, e quindi si fa beffe dei suoi successi lavorativi.

Di questo atteggiamento maschilista è interprete l’ispettore Kensaku Katsumata, ispettore della Omicidi della polizia metropolitana, caposquadra della Unità 5, che però nello straordinario finale, ribalterà questa sua patente, con un atteggiamento nascosto, molto più vicino a Reiko, di quanto lei stessa immaginasse.

A dirla così, il romanzo sembrerebbe una cosetta, e invece è un romanzo poderoso, che riesce a conquistare e a delineare verità sconvolgenti, la più sconvolgente delle quali, la si può intuire già prima dell’omicidio del poliziotto Otsuka, amico di Reiko, ma che poi, conclamata e strombazzata, richiama romanzi lontani e ad uno in particolare francese dei primi del novecento. A dire, cioè che questo romanzo non nasce come un cavolo improvvisamente, ma poggia sulle solidissime basi del romanzo poliziesco storicizzato di matrice occidentale.

E l’omicida? Anche lui/lei, è vittima di questa società figlia del miracolo economico, di una società che è anche violenta, e che finisce nel creare tanti modelli dissociati . E anche l’assassino è uno di questi soggetti psicolabili, addirittura curato in ospedale psichiatrico, che ha curato il proprio autolesionismo, con la volontà di ferire e uccidere gli altri e che proprio dal sangue, trae il compiacimento proprio, nel vedere il suo mondo grigio e opaco, risplendere della brillantezza del sangue. Ma prima di essere un soggetto folle, era una persona normale, violentata e percossa ripetutamente in famiglia. Questo modo di approcciarsi all’omicida non è tuttavia fine a se stesso. In certo senso si può condurre un parallelismo tra l’omicida che curiosamente nel suo delirio associerà Reiko a Mako, l’unica persona che nel suo passato le si era mostrata amica, e quindi salverà da morte sicura l’ispettrice, e Reiko stessa: infatti entrambi, omicida e poliziotta, hanno in comune un passato di violenza e soprusi, che però hanno generato due futuri diversi: quello di F, si è concretizzato nel male, nell’uccidere e torturare il prossimo; quello di Reiko, nel voler diventare una poliziotta, per cercare di evitare che anche ad altri potesse capitare quello che era capitato a lei.

Pietro De Palma

Honda Tetsuya (誉田 哲也,) : Omicidio a Mizumoto Park (ストロベリーナイト, 2006 ) – trad. Cristina Ingiardi. Piemme, 2023ultima modifica: 2023-03-16T21:46:40+01:00da lo11210scriba
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