Shimada Soji: Gli omicidi dello zodiaco (The Tokyo Zodiac Murders ed. inglese; 占星術殺人事件 1981, 改訂完全版 占星術殺人事件 2008) – trad.Giovanni Borriello. Giunti, 328 pagine, 2017

                                         ATTENZIONE : SPOILERS !!!!

E’ con vero piacere, che dopo tanto tempo, riesco finalmente a pubblicare la mia recensione del primo romanzo del mio amico Shimada Soji, dopo aver pubblicato recensioni dei suoi racconti.
Soji in Giappone attualmente è come un dio del mystery deduttivo, e indubbiamente il suo primo romanzo gli ha portato tantissima celebrità e considerazione non solo in Giappone.
Gli Omicidi dello Zodiaco (The Tokyo Zodiac Mystery) da alcuni è stato messo ai primissimi posti di una ipotetica classifica delle più grandi Camere Chiuse: la mia posizione la esplicherò dopo aver introdotto il romanzo. Soji ha pubblicato una prima volta nel 1981 il romanzo col titolo 占星術殺人事件 che in giapponese significa Omicidi di astrologia e poi nel 2008 lo ha ripubblicato col titolo
改訂完全版 占星術殺人事件 che significa Versione completa rivista di Omicidi di astrologia. La pubblicazione italiana è la traduzione della seconda.
Il romanzo è diviso in più parti : c’è una introduzione di  40 pagine,  poi il romanzo vero e proprio, che parla di ciò che è avvenuto 40 anni dopo, inframmezzato dalla sfida dello scrittore al lettore, e infine dalla lettera dell’omicida al detective che l’ha scoperto.

In sostanza l’introduzione parla del folle progetto di un tale Humezawa Heikichi, un artista più che eclettico. Egli siccome è sicuro che un demone lo controlli, per liberarsi dalla sua presenza e controllo, vuole creare la donna perfetta, Azoth, che dovrà reincarnare la mitica regina Hamatasu, e riportare il Giappone all’età d’oro. Per far in modo che Azoth possa essere creata, ha portato a termine una serie di studi alchemici e zodiacali, basati su 4 sue figlie e 2 nipoti, che dovranno essere uccise e i loro corpi mutilati, così che le parti asportate assieme unite possano formare la creatura Azoth, la cui energia sarà data da una mistura formata da altri elementi tra cui alcuni tipi di carne di animali che formeranno un uovo filosofale che covato sarà l’energia al corpo. Insomma un ferneticante progetto, volto oltre che alla liberazione dal demone che lo perseguita, anche alla glorificazione del Giappone, in quanto Azoth dovrà essere posta al centro di 13, numero dato dalla somma delle tre linee che tagliano il Giappone. L’Introduzione finisce qui.
Il romanzo comincia quando l’astrologo Mitarai Kiyoshi, un detective dilettante, viene interpellato da un altro detective dilettante appassionato di gialli, Ishioka Kazumi, in merito alla soluzione degli Omicidi dello Zodiaco, risalenti a 40 anni prima: in pratica l’alchimista e pittore folle Humezawa Heikichi era stato ucciso nel suo studio, chiuso dall’interno, il giorno del 26 febbraio 1936, giorno del fallito colpo di stato di una parte di militari, guidati da giovani ufficiali: era stato trovato col cranio fracassato da qualcosa di piatto, con una gamba sotto il letto, come se quello gli fosse caduto addosso, con la porta chiusa da un pesante chiavistello orizzontale e le finestre chiuse da pesanti inferriate, sganciabili solo dall’interno; all’esterno sulla neve due serie di impronte talvolta sovrapponibili, di un uomo ed una donna. Era stato trovato il taccuino col suo notes, undici tele con soggetti astrologici ed una incompiuta, il cui soggetto era un nudo femminile a cui mancava ancora il viso, dipinto con l’ausilio di una modella, che non si è mai scoperto chi fosse. Tutto ciò  non aveva impedito che venissero uccise le 4 figlie e 2 nipoti di Heikichi, come lui stesso aveva progettato:  Tomoko, Yushiko, Akiko, Tokiko; Nobuyo e Reiko, figlie del fratello Yoshio, e ne nascondesse i corpi mutilati laddove aveva pensato Heikichi , cioè in miniere di elementi chimici connessi zodiacalmente alle siingole fanciulle, tutte vergini. Tutte erano state uccise con acido arsenioso miscelato a succo di frutta e poi nella bocca o gola di ciascuna, con l’eccezione di Tokiko a cui era stata asportata la testa il cui corpo era stato invece cosparso, era stato inserito l’elemento chimico connesso alla miniera.
Ishioka sottopone questi omicidi rituali all’amico, oltre che la morte di Heikichi, anche della figlia Kazue, più grande delle altre ragazze, e già divorziata, uccisa mediante un colpo di vaso alla nuca, poi ripulito accuratamente dal sangue, e poi violentata post mortem.
Tutti gli appartenenti al clan Umezawa avevano alibi, ma poi la polizia sulla base di alcuni indizi aveva arrestato la moglie Masako, che pur aveva proclamato sempre la propria innocenza, per la morte del marito, e lei poi era morta in prigione.
I corpi mutilati erano stati ritrovati tutti, in posti tra loro anche molto distanti, del Giappone, ma tre di essi, trovati alla fine del 1936 e all’inizio del 1937, erano quasi del tutto decomposti quando furono trovati, anche perchè a differenza degli altri sepolti in fosse molto poco profonde, essi erano stati sepolti più profondamente.

Kazumi e Kiyoshi siccome non trovano per il momento alcuna spiegazione all’omicidio di Heikichi e Tae, cominciano ad esaminare le profondità dei seppellimenti dei 6 corpi in rapporto ai segni zodiacali, non trovando corrispondenze ; e quindi cercano di individuare basandosi  sugli indizi negli appunti di Heikichi, il posto dove trovasi la donna formata dalle parti dei sei corpi, ossia Azoth. E pertanto analizzano i 3 numeri 6-4-3 in rapporto alle longitudini dei sei ritrovamenti, e poi in base al supposto centro del Giappone, trovando qualche curiosa coincidenza: in sostanza la maggior parte dei templi e santuari religiosi si vengono trovare lungo determinate linee. Comunque sia il luogo di Azoth non viene trovato.
A questo punto, ecco una sorpresa: si presenta ai due una donna, Iida Masako, figlia di un tal Takegoshi Bunjiro, che racconta una storia e consegna ai due degli appunti del padre, funzionario di polizia, morto qualche anno prima: BunJiro in sostanza, nel lontano 1936, pur essendo sposato, una sera rientrando a casa, aveva incontrato una donna che gli aveva proposto di fare sesso con lei, non essendo prostituta. Lui, non aveva saputo vincere il richiamo della carne e aveva fatto sesso. Due giorni dopo aveva saputo che la donna che era stata con lui, era stata uccisa: era la figliastra di Umezawa Aichiki, Tae. Aveva anche ricevuto una missiva che lo accusava della sua morte, e nello stesso tempo in cambio del silenzio gli dava una missione, per conto del Servizio segreto Giapponese: far sparire i cadaveri di sei giovani donne (6 spie cinesi) in sei posti sperduti del Paese (in sostanza le figlie e nipoti di Umezawa). Ora si spiegava finalmente come i sei corpi fossero staati trovati in sei posti sperduti del Giappone! Evidentemente il poliziotto temendo per la sua carriera e la sua famiglia aveva accettato, pur pentendosi in un secondo tempo e capendo di essere stato usato. Gli appunti in mano di Mitarai e Ishioka, vengono richiesti giorni dopo dal fratello di Masako, anche lui poliziotto: Mitarai e Ishioka lo sfidano che entro una settimana gli daranno la soluzione e anche il modo per riabilitare la memoria del padre. Partono pertanto alla ricerca di Azoth. Attraverso le amicizie di Umezawa, innanzitutto l’operaio della ditta di manichini Yakusawa ormai deceduto, ma convinto che Umezawa fosse ancora vivo,  Ishioka contatta un suo conoscente, pure indovino, Yoshida Shusai che gli apre altri orizzonti: gli parla di come Yakusawa fosse convinto che Azoth si trovasse a Meiji-Mura, un villaggio a tema, con abitazioni e l’atmosfera di una città antica giapponese: in sostanza secondo lui Azoth sarebbe stata un manichino femminile presente nell’Ufficio postale – un esempio ottocentesco – di Meinji-Mura. Ishioka, lo trova ma nulla lo convince che quel manichino possa essere Azoth. Intanto viene a sapere come il vecchio Yakusawa, mezzo alcolizzato, un giorno fosse caduto in ginocchio, prostandosi dinanzi ad un tale  Umeda Hachiro, amico di Yoshida, perchè aveva una cicatrice su un sopracciglio, proprio come Imezawa Heikichi. Solo che Ishioka quando lo trova, vede che è molto più giovane del folle pittore, oltre ad essere destrorso e non mancino come l’altro, e di carattere brillante invece che introverso e asociale come Heikichi.
Ishioka è sicuro di aver trovato il bandolo della matassa, mentre Mitarai è introvabile. Quando lo contatta, è in uno stato pietoso, giacchè per trovare lui la verità della vicenda da alcuni giorni non mangia, non si lava, non si sbarba, indossa gli stessi abiti. Ma è l’accenno di Ishioka ad una banconota da diecimila yen, rattoppata con dello scotch, a far accendere la lampadina a Mitarai e a fargli capire tutto sugli omicidi di Azoth, e a fargli scoprire chi sia l’omicida.
Lo renderà rivelerà all’attonito amico dopo essere andati assieme ad Arashiyama, e avergli presentato l’omicida di Heikichi, di Kazue, e delle sei figlie e nipoti di Heikichi. A cui seguirà una spiegazone davanti ai signori IIda, e il falò degli appunti di Takegoshi Bunjiro, per rendergli omaggio ed evitare che possa essere disonorato post mortem dal figlio pure poliziotto. L’ultimo atto della vicenda sarà la spiegazione di mano dell’assassino, scritta prima di uccidersi con l’arsenico, degli ultimi dettagli della vicenda.
Mi trovo per la prima volta in vita mia a parlare di un romanzo di valore assoluto, che trascende tutta la letteratura poliziesca tradizionale. In verità, la migliore presentazione che normalmente si fa di questo romanzo, è la classifica del Guardian che anni fa mise The Tokyo Zodiac Murders al secondo posto di una classifica della migliori camere chiuse in assoluto (la prima è The Hollow Man di Carr, la terza La Septième hypothèse di Halter). Però ho sempre detto che queste classificazioni lasciano il tempo che trovano, perchè l’essere stata pubblicata una dal Guardian che è un famoso giornale inglese, non necessariamente rende la sua migliore di altre, tanto più che bisognerebbe vedere anche cosa l’estensore della stessa Adrian McKinty, scrittore sì ma critico non sappiamo di cosa, abbia effettivamente letto, tenuto conto che si parla di una classifica di Camere Chiuse.
Pertanto, a dirla tutta, se  fossi stato io ad esprimere un parere sulla stessa, sulla base dell’originalità della soluzione della Camera Chiusa, io non avrei messo questo romanzo in una classifica del genere. E perchè? Perchè la soluzione è in sostanza la somma di due espedienti, il primo dei quali, variato, si trova in The Case of the Constant Suicides di Carr, mentre il secondo è il vecchio trucco di Gaston Boca, anche in questo caso opportunamente variato. Quindi..nulla di originale.
Ma se invece io dovessi esprimere un parere sul plot dell’opera nel suo complesso, faticherei non poco a trovarne uno di pari potenza, genialità, fantasia, rigore e soluzione, e anzi nella letteratura poliziesca non troverei nulla da mettergli al confronto: dovrei andare a esaminare la letteratura tout court e lo paragonerei solo a Le Comte de Monte-Cristo di Alexandre Dumas, per originalità di trama, potenza, fantasia, e per la capacità di ancorare tutta la trama di una serie di fatti delittuosi ad una vendetta lontano nel tempo. Nell’ambito delle opere somme poliziesche, questa è una delle più belle in assoluto, che abbia letto finora. Che persino lascerebbe di stucco Carr. Un romanzo che ti lascia soddisfatto, quando lo finisci. Che ti lascia qualcosa dentro. Che ti fa dire: “Caspita, che bel romanzo!”. Insomma.. un capolavoro assoluto. Anche se io non lo metterei in una classifica delle camere chiuse, questo romanzo di Soji, lo potrei mettere in una qualsiasi classifica dei romanzi polizieschi con delitto impossibile appaiato a Death from a Top Hat di Rawson, dietro Carr ( dietro The Hollow Man appaiato a The Judas Window). La ragione è presto detta: i due romanzi di Carr sono degli eccellenti romanzi con eccellenti atmosfere e in più hanno dei delitti impossibili assolutamente fuori dell’umana comprensione risolti brillantemente. Il romanzo di Soji è un romanzo con una Camera Chiusa che è il risultato di due espedienti messi assieme già noti, opportunamente variati, quindi nulla di speciale, ma è anche però un romanzo di una potenza e visionarietà unico, superiore ai Carr citati e a qualche altro sempre di Carr: perciò merita di stare al secondo posto, a pari merito con il capolavoro di Rawson, che ha 2 Camere Chiuse impossibili di pari valore delle due di Carr precedentemente citate, ma come romanzo manca di una atmosfera avvolgente essendo piuttosto freddo.
Innanzitutto stilisticamente l’opera si basa come abbiamo accennato più sopra su una  introduzione, seguita dal romanzo inframmezzato prima dal carteggio di Takegoshi Bunjiro e poi da una sfida al lettore, dalla soluzione e dalla lettera dell’omicida prima di uccidersi.
Se dovessimo analizzarlo nella sua struttura diremmo che il plot comprende una introduzione e tre distinti subplots: Camera Chiusa, Omicidio di Kazue, Omicidi di Azoth. Il primo resta insoluto e non se ne parla più per il momento; il secondo pure viene analizzato e anche questo in sostanza viene risolto come la Camera Chiusa alla fine; infine ci sono gli omicidi di Azoth che comprendono gran parte del romanzo, che a loro volta si sdoppiano nelle congetture di Ishioka e in quelle di Mitarai, prima che dopo la sfida al lettore (Shimada dimostra che ha recepito la lezione di Ellery Queen) si arrivi ad inquadrare e dire il nome dell’omicida che lascia per un  momento il lettore attonito, perchè non si trova nell’elenco dei personaggi (molti) del romanzo e quindi poi si capisce che è lo pseudonimo di uno che invece è ben presente.
Devo dire in tutta sincerità che sono riuscito a capire il ragionamento e il trucco dell’omicidio di Kazue prima che venisse rivelato, ma tutto il ragionamento alla base dei sei omicidi di Azoth va al di là dell’umana comprensione. E’ pura genialità. Mi farebbe quasi esclamare al pari di Robert Schumann che recensì le variazioni su Là ci darem la mano di Chopin, dal Don Giovanni di Mozart: “Hut ab, ihr Herren, ein Genie”. E legarlo alla truffa delle banconote, è puro estro.
Vorrei invece soffermarmi sulla presenza continua nelle opere di Shimada Soji, ma anche di altri autori giapponesi, della valenza del sangue, e delle truci ed efferate dinamiche omicide, quando parliamo di mutilazioni: ne accennai già quando parlai del primo grande racconto di Mitarai pubblicato su EQMM, The Locked House of Pythagoras (P no Misshitsu): “Shimada è sensazionale anche e soprattutto per la sua delirante visione del sangue”. Probabilmente questa tendenza nipponica a immaginare scene granguignolesche o decapitazioni, è una conseguenza della loro storia e della tradizioni e credenze, secondo cui nel sangue è presente l’anima del morente.
Qui però la mutilazione non è fine a se stessa ma ha un doppio significato: un significato dichiarato (creare Azoth), ed uno nascosto, che è essenziale per la soluzione, e direi assolutamente geniale.
Voglio fare anche un appunto sulla struttura del romanzo: nonostante vi sia la Camera Chiusa all’inizio, poi l’omicidio di Kazue, e infine gli omicidi di Azoth, questo romanzo viene ricordato, devo dire assolutamente e immeritatamente, solo per la camera Chiusa, mentre dovrebbe esserlo più per tutto il resto che per quella. La struttura del romanzo, mi ha ricordato quella di Death of Lawrence Vining di Alan Thomas: guarda caso un’altra grande camera chiusa. Quel romanzo tuttavia poggia solo sulla Camera Chiusa, assolutamente spettacolare, al contrario di questo romanzo, che ha anche altro; tuttavia in una cosa, sono simili: dopo la Camera Chiusa che è all’inizio, il romanzo prende tutta un’altra piega – lì ci sono tutti dei discorsi che non hanno nulla a che fare con il problema dell’omicidio ma tendono a sviare il lettore; qui, la struttura è similare, perchè dopo la Camera Chiusa, non se ne sente più parlare, ma si parla soprattutto degli omicidi di Azoth che pure entrano eccome nella soluzione finale, e poi, come nel precedente romanzo di Thomas, alla fine ecco che il discorso sulla Camera viene ripreso, con la soluzione. Si badi bene, però: anche nel romanzo di Shimada, parecchie cose trattate non hanno attinenza con la soluzione: non dico quali siano, ma il lettore alla fine del libro capirà che avrebbe dovuto dare importanza solo ad alcune, e che altre avrebbe anche potuto sorvolarle perchè servono solo a gettare fumo negli occhi.
Mitarai è un grande detective (sarà protagonista di molti altri romanzi e anche di fulminanti racconti), ma anche l’assassino è un grande personaggio, con una grande statura: i suoi delitti vengono da lontano, sono il risultato di una sete di vendetta che è motivata da una serie di soprusi e angherie a cui è stato sottoposto da chi poi è stato ucciso e quindi in sostanza, nonostante l’orrore della mattanza di cui è responsabile, forse l’omicida lo è meno delle sue vittime, e quindi la nota con cui si chiude il romanzo, con la morte del responsabile di tutto, non è di soddisfazione ,se l’assassino fosse stato un personaggio assolutamente malvagio, ma invece è malinconica.

Pietro De Palma

Shimada Soji: Gli omicidi dello zodiaco (The Tokyo Zodiac Murders ed. inglese; 占星術殺人事件 1981, 改訂完全版 占星術殺人事件 2008) – trad.Giovanni Borriello. Giunti, 328 pagine, 2017ultima modifica: 2020-11-27T11:57:37+01:00da lo11210scriba
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