Charles Ashton: Veglia Tragica (Dance for A Dead Uncle, 1948) – trad. Aldo Albani – I GRANDI GIALLI Pagotto, Anno I, N.3, 1949

Le mie battaglie sul Blog Mondadori mi hanno portato pochi amici, in Italia.
Potrei dire: pochi ma buoni. Ma è innegabile che vorrei tanto ampliare la mia cerchia di conoscenze, perchè ho sempre detto, e ne sono convinto, che più persone conosci più stimoli ricevi (ammesso e non concesso che loro pensino la stessa cosa di te).
In tanti anni posso dire di esser stato amico di Igor Longo, ma prima che fosse istituito il Blog; di essere in amicizia ora con Mauro Boncompagni; di conoscere Fabio Lotti e Stefano Serafini. Sono stato amico di Luca Conti. Tiziano Agnelli è un altro amico, come pure lo sono Sergio Angelini in Inghilterra (svolge lo stesso mio lavoro e ha un bellissimo blog in inglese di Crime Fiction: My Tipping Fedora), Curtis Evans (The Passing Tramp) e John Pugmire, soprattutto (L.R.I.), in America. Sono in rapporti anche con Martin Edwards, fresco vincitore di un Edgar Award 2016: bellissimo anche il suo blog  (

http://www.doyouwriteunderyourownname.blogspot.it/             )
In Italia, soprattutto negli ultimi tempi, ho approfondito la conoscenza di Alberto Cottini, che sento parecchio, tenendo conto che abitiamo si può dire agli antipodi in Italia.
Alberto l’ho conosciuto prima su Anobii sul quale è conosciuto con un suo nickname, e poi, apprezzando le sue uscite e vedendo che lui apprezzava le mie, ho voluto conoscerlo privatamente scrivendo e rispondendo alle sue email. Così è nata una nuova amicizia, seppure per tanta parte epistolare. Abbiamo gusti e passioni in gran parte simili, e ci piacciono pure gli stessi autori di Mystery. E così va a finire che spesso ci scambiamo o ci procuriamo vicendevolmente libri.
Ultimamente lui ha voluto stupirmi e mi ha inviato un romanzo molto raro in Italia, di cui avevo letto una sua succosa introduzione su Anobii: VEGLIA TRAGICA, di Charles Ashton. Già per questo dovrei innalzare una statua ad Alberto nel mio immaginario Pantheon (solo per avermi fatto leggere questo romanzo!).
Il romanzo lo avevo spulciato parecchie volte nelle liste di Gialli Pagotto, quando mi era capitata l’occasione ma, devo riconoscerlo, non mi aveva sollecitato granchè, perchè quel nominativo non mi diceva nulla. I Gialli Pagotto, storica serie degli anni ’50, propose una serie inimitabile di capolavori francesi, ma in aggiunta propose anche qualcos’altro, tra cui appunto tale romanzo. In tempi più recenti avendone compreso il valore ho tentato di trovarlo, ma i risultati sono stati deludenti, perchè è abbastanza raro ed il costo, a trovarlo, sarebbe anche abbastanza alto.
Dico subito che confermo in toto la sua introduzione su Anobii: si tratta di un capolavoro del genere, e quello che più fa rabbia, è che pochissimi lo conoscono e a nessuno a Mondadori è mai venuto “il ghiribizzo”  di presentarne la traduzione integrale (quella di Aldo Albani lo è parecchio, ma non credo tutta). Bisogna dire in tutta verità che il suo autore, Charles Ashton, non è che sia molto conosciuto, anzi.. Persino su Gadetection, il sito specialistico più conosciuto al mondo, le notizie biografiche a suo riguardo sono nulle. Su Classic Crime Fiction invece si trova solo che “Charles Ashton, born 1884, had one main series character, Jack Atherley. Other than this we know little else”. Nient’altro. Oltre ovviamente ai suoi romanzi, dieci in tutto : Murder in Make -Up, 1934; Tragedy After Sea, 1935; Death Greets a Guest, 1936; Calamity Comes to Flenton, 1936; Stonde Dead, 1939; Death for Two, 1940; Here’s Murder Done, 1943; Fate Strikes Twice, 1944; Murder at Melton Peveril, 1946; Dance for a Dead Uncle, 1948.
Il romanzo di cui voglio parlare è l’ultimo della sua produzione: Dance for a Dead Uncle. Ignoro quale sia il livello dei precedenti romanzi, tranne che di Death Greets a Guest che mi hanno detto essere abbastanza interessante; tuttavia il livello di questo romanzo, è veramente alto.
John Ormesley è morto. Di morte naturale.
Qualche tempo prima della sua morte aveva cominciato ad interessarsi di sedute spitiche, per l’interessamento di un suo amico, il Maggiore Repford. Ma tali suoi interessi erano stati disapprovati dai suoi nipoti, soprattutto i due fratelli Philip e Harold che si occupavano dell’azienda di famiglia, e che erano figli di un fratello del vecchio; gli altri tre nipoti più giovani ( figli di una sorella) Francis, Desmond e Stanley, invece erano più distaccati e non avevano in alcun modo criticato gli interessi spiritistici del vecchio. 

Nel testamento, quantomeno bizzarro, il vecchio dispone che i due nipoti più grandi a turno debbano vegliare la sua bara al buio rischiarata solo da quattro candele ai quattro lati di essa, in una stanza completamente chiusa: e motiva questo, col fatto che il suo spirito voglia apparire ai due nipoti increduli; gli altri nipoti invece verranno risparmiati. Anzi lo zio invita gli altri a ballare al suon di musica al suo funerale, perchè egli pensa che la sua vita nell’oltretomba sarà felice. E vuole anche che nessuno si vesta a lutto ma come se andassero a fargli una visita.
Tale volontà, che sarà esplicitata da Hallerton il legale del vecchio una volta che tutti si saranno riuniti a casa Ormesley, presuppone che nel caso in cui i due rifiutassero potrebbero essere esclusi dai lasciti, che essendo stato lo zio favolosamente ricco, potrebbero essere parecchio generosi. In realtà, come testimonierà più tardi Hallerton, la volontà è un trabocchetto, l’ultimo tiro fatto dallo zio ai nipoti, perchè anche se avessero rifiutato non sarebbero stati esclusi dall’eredità. Tuttavia questo loro non lo sanno, e il tutto provoca le loro rimostranze e lo loro critiche: soprattutto è Clara, la moglie di Harold e Philip il fratello più grande, che criticano apertamente il valore blasfemo della richiesta, insistendo sul fatto che ballare ad un funerale è per loro un’ offesa a Dio. Nonostante ciò, se Clara si ritira a pregare una volta arrivata a The Grange, la tenuta degli Ormesley, gli altri si riuniscono per parlare e discutere: Philip e Harold nonostante abbiano paura, sono ben decisi a non farsi fare fuori dall’eredità e quindi decidono di ottemperare alla richiesta del morto: prima Philip (alle 22), poi suo fratello (alle 22,05) dovranno restare da soli assieme al morto, al buio, nello studio, mentre gli altri dovranno riunirsi nella libreria per testimoniare che Philip e Harold siano effettivamente entrati a turno nello studio.
Intanto che Stanley e Cicely, la moglie di Philip, vanno a fare una passeggiata in giardino e vengono sorpresi mentre si stanno baciando (hanno una tresca) da una cameriera senza che loro se ne accorgano, gli altri sono tutti dentro. Arriva il Maggiore Repford, amico del vecchio, che lo ha instradato alle pratiche spiritiste. Subito capisce che la sua visita non è gradita perchè imputano a lui le passioni spiritiste dello zio e poi quanto ne è derivato.  
Ad un certo punto si sentono tre forti colpi, che sembrano a Durblin il vecchio maggiordomo, i tre colpi che il vecchio Ormesley soleva fare con un bastone per richiamare la sua attenzione. Nessuno sa capacitarsi chi li abbia fatti e da dove vengano. Cicely è rientrata ma Stanley va a vedere che fine abbia fatto Harold. Non vedendo nè Harold nè Stanley, mandano a cercarli Francis.
Harold non trova meglio che ubriacarsi in un bagno del primo piano mentre suo fratello Philip entra nello studio alle 22.00. Francis intanto torna dicendo che non ha trovato i due, ed è trascorso qualche minuto che si sentono di nuovo  i tre colpi provenienti questa volta da dentro la stanza seguiti da un orribile gemito, cosa che fa rizzare i capelli a tutti. I 5 minuti terminano e Philip non esce. Battono alla porta, lo chiamano ma nessuno risponde. Intanto scende Francis dicendo che non ha trovato Harold, e sapendo la notizia, avendo provato ad aprire la porta invano, Francis propone di fare il giro e cercare di entrare dalle finestre:lui, Hallerton e Desmond fanno il giro e trovano i battenti della finestra chiusi. Desmond rompe con una gomitata il vetro e quindi penetrano nella stanza rischiarata dalle quattro candele poste agli angoli del catafalco: agli angoli di uno dei cavalletti, appoggiato ad uno di essi è seduto Philip, con una corona di fiori in testa ed una fotografia del vecchio Ormesley posta sul petto. E’ morto ucciso da un colpo di lancia alla schiena, e l’arma si trova per terra invece che in una panoplia sul muro, con la lama giocciolante di sangue. Per terra un fazzoletto di John  Ormesley. 
Philip è stato assassinato. In una stanza ermeticamente chiusa.
Intanto arrriva barcollando Harold che dice di essere stato da Clara, e che vuole entrare nella stanza per non essere estromesso dall’eredità. Glielo impediscono e lo mettono al corrente della situazione.
Chiamano la polizia ed arriva l’Ispettore Lessington della Polizia di Contea, che si trova subito a malpartito: dalle testimonianze riscontra come tutti coloro che sono in casa erediteranno, e che nessuno avrebbe potuto avere a che fare col delitto perchè se Clara era in camera sua e Harold troppo ubriaco per camminare, Stanley era in casa di sopra a cercare harold e Francis a cercare loro due, e gli altri in libreria, chi mai avrebbe potuto uccidere Philip dato per di più che è avvenuto in una camera chiusa dall’interno e la cui fienstra era chiusa?
Al di là di questo trova delle testimonianze che mal si intrecciano: Harold dice di essere stato con Clara e lei invece afferma di essere stata sola; Harold sarebbe invece stato ad ubriacarsi in un bagno dove l’indomani mattina il personale di servizio ha trovato una bottiglia di whisky vuota; e Stanley mentre fa capire di esser stato sopra, perchè la testimonianza di Clara si intreccia alla sua, non sa come spiegare il fatto del suo ritardo. E del resto Francis è stato al piano di sopra perchè hanno trovato per terra il suo portasigarette.
Più va avanti più Lessington non cava un ragno dal buco tanto più che a delitti strano non è abituato chi al più ha arretato ladri di galline, e perciò non trovano di meglio che allertare Scotland Yard da cui mandano a supportarli l’Ispettore del C.I.D. Merton. 
Merton appena arrivato comincia ad interrogare tutti, nessuno escluso: persino Durblin, il maggiordomo, il Maggiore Repford e il medium che aveva partecipato alle sedute di Ormesley.
Viene a sapere tutta una serie di cose soprattutto su Philip, che non era certo amato: la moglie che gli era infedele non riusciva a sopportare la sua pedanteria; col fratello aveva avuto dei dissidi; teneva in scacco Francis che non ne poteva più di restare nell’azienda di famiglia da lui diretta (ma intanto non se ne andava); gi altri cugini non lo sopportavano; e persino il maggiordomo lo termeva per un fatto accaduto nel passato, quando si era scoperto che aveva sottratto degli spiccioli del vecchio Ormesley, che però lo aveva perdonato (ma Philip, cui era stato ordinato di non intromettersi, no). Poi nel luogo di lavoro era odiato per come aveva trattato le persone a lui sottomesse, compreso Francis, quando delle banconote erano sparite dal cassetto della scrivania, trattandole da ladri, salvo trovarle nell’intercapedine dietro al cassetto.
Tuttavia niente sembra muoversi. Eppure Merton comincia a pensare ad una eventualità, legata ad una stanza dietro al caminetto dove sono custoditi degli utensili da pesca. Poi è da annoverare che scompaiono Stanley, che va via senza avvisare nessuno, e Buckley, il medium. Quando si pensa che c’entrino qualcosa, rientrano e si mettono a disposizione. Si viene a sapere che Buckley la notte dell’assassinio era andato a casa del Maggiore e da qui era partito per “The Grange” (per trovarlo), dove era arrivato ed era stato visto dirigersi verso la casa, salvo poi in un secondo tempo andare via ; Stanley, interrogato da Merton separatamente, quando si pensi che c’entri con la morte, fornisce invece un altro chiarimento: i secondi tre colpi di bastone ed il lamento, li ha prodotti lui, al piano di sopra, nella camera del vecchio, battendo sul pavimento con le scarpe della vittima che sono state ritrovate dal vecchio Durblin buttate sotto una sedia invece che riposte come aveva fatto lui ordinatamente. Merton viene a sapere che nello studio erano stati accumulate molte corone di fiori in una parte dello studio al buio, laddove c’era una poltrona: quando si era entrati nella stanza non ci si era preoccupati di essi. Con Francis Merton formula la prima ipotesi, che l’assassino fosse dentro la stanza quando essi erano entrati, occultato sotto i fiori, e poi quando fossero usciti per chiamare la polizia, fosse riuscito a sgusciare via attraverso la finestra aperta.
La sera seguente, riuniti tutti, formulerà una seconda ipotesi che sconfesserà la prima, inchiodando un assassino astutissimo, disorientato da una teoria, la prima, formulata allo scopo precipuo di ingannarlo.
Romanzo bellissimo, si legge tutto d’un fiato. Si regge da solo su un’atmosfera allucinata, che presupporrebbe un intervento soprannaturale, perchè solo esso potrebbe spiegare la morte di un individuo colpito da un colpo di lancia alla schiena, dentro una stanza sigillata, in cui c’era solo una bara, con morto stecchito al di dentro. Come non pensare alla vendetta di un morto, arrivato dall’aldilà? Posto che la prima cosa cui si sarebbe dovuto guardare è che il morto ci fosse davvero nella bara e nessuno vi guarda fidandosi che il morto davvero vi sia (e c’è!) , e posto che nessuno, non sentendo che Philip non risponde, senta il bisogno che tutti sentirebbero, cioè abbattere la porta, interrogativo che si pone il buon Merton, anche qui la successione dei fatti, anche se l’assassino è uno solo, è spiegata e spiegabile solo riconoscendo come vi sia il concorso di due azioni, ognuna però a sè: l’assassinio e la produzione dei primi falsi tre colpi, la produzione dei secondi tre falsi colpi e lamento: Stanley e l’assassino non sono complici, ma hanno agito tutti e due in danno di Philip: il primo, volendo farlo spaventare , perchè non lo sopporta; il secondo per legittimare un intervento soprannaturale cui poi dovrà essere addebitato anche l’assassinio. Il bello è che anche l’assassino, quando sente i colpi provocati da altra persona, si spaventa a sua volta.
Quindi anche qui c’è una messinscena.
La soluzione è altamente spettacolare: mi ha ricordato in un certo modo quella di Whistle Up The Devil di Derek Smith, per un particolare della soluzione comune ai due romanzi, che è concernente il ruolo della finestra:  per come si è sviluppato l’assassinio, non essendoci altre uscite oltre porta e finestra, se la prima era sorvegliata da più persone ed era chiusa, è indubitabile che l’assassino sia entrato ed uscito dalla finestra: è ovvio! Ma come ha fatto? Il trucco è straordinario. 
In un primo tempo Merton controlla che la maniglia non possa essere stata fatta girare da sola, mettendola dritta in verticale e poi sbattendo la finestra dall’esterno, provocando uno scossone provocante la sua ricaduta orizzontale; poi capisce il trucco, mettendolo in connessione con la stanza delle canne da pesca, la cui finestra dava sul giardino vicino alla finestra dello studio. E’ evidente che sia stata preparata prima la finestra (non c’è nessun pannello staccabile con lo stucco, o scorrevole, nè tantomeno molle segrete, come in lavori di Carr) e solo uno poteva farlo, uomo o donna.
Del resto, alla riuscita di questa Camera, è funzionale anche l’orario: alle 22 di sera c’è buio ed il buio ha giocato a favore dell’assassino, che ha rischiato grosso pur aiutato dalla poca luce, approfittando che chi era presente alla rottura del vetro non vedesse quello che avrebbe visto con più luce (sgombro tuttavia da ogni dubbio il fatto che il battente il cui vetro era stato rotto fosse effettivamente sano prima dell’intervento).
Mi vien da dire, che come ha detto anche Alberto nella sua recensione su Anobii, questo romanzo è immeritatamente sconosciuto e tale risulta anche nelle maggiori liste; e che risale al 1948, un periodo in cui la grande tradizione degli anni ’30 era già dimenticata, e si stava affacciando la nuova messe giallistica, basata non più su enigmi cervellotici ma anche e soprattutto psicologici. E qui di psicologia ce n’è tanta, e tanta deduzione! Solo Bob Adey e Jack Adrian riportano l’esistenza di questo romanzo nel loro Locked Room and Other Impossible Crimes, pur senza fornire alcuna notizia di carattere biografico.
E’ tuttavia un romanzo della fine degli anni ’40 che potremmo dire chiuda in bellezza una serie, di cui vorremmo leggere altri titoli o avere notizie in merito. E’ come se fosse stato inteso come una chiusura di un’epoca con un enigma super anni trenta, in un periodo però che nonostante le nuove spinte editoriali, vedeva titoli ancora di grande respiro: come non ricordare che proprio il romanzo di Derek Smith (il più conosciuto, che poi è stato il primo ad essere pubblicato ma non il primo ad essere stato scritto) è del 1953, e grandi successi di Carr sono di quegli anni: He Who Whispers del 1946, The Sleeping Sphynx del 1947, Below Suspicion del 1948? E che A Graveyard to Let, con H.M., è del 1949  ed è uno dei migliori romanzi con Merrivale (ne parleremo prossimamente)? E che The Woman in the Wardrobe dei fratelli Shaffer è del 1951? Mentre What A Body! di Alan Green è del 1949?
La cosa che mi sembra assolutamente vergognosa, e lo rimarco, è come questo autore avrebbe meritato ben altra notorietà ed invece anche in Inghilterra è praticamente uno sconosciuto. E quindi devo riconoscere ancora una volta come la lungimiranza di chi mise in piedi la Serie  de “I Grandi Gialli” Pagotto fosse davvero grande (ancora maggiore quando vedo che il romanzo è del 1948, e la pubblicazione italiana è di un anno dopo, segno che chi stava dietro la serie o aveva il privilegio di leggere ottimi autori o aveva dei grandi consulenti stranieri)!
Tanto più che nello stesso meccanismo della soluzione c’è un’idea geniale  che al tempo stesso è di una semplicità disarmante. Che in ultima analisi mi fa dire che proprio quelle soluzioni più semplici di enigmi insolubili, fanno rimanere più abocca aperta e riflettere su un fatto:
Ma come ho fatto a non pensarci prima? Perchè la bravura dello scrittore sta ad evitare che il lettore pensi proprio a quello.
SENSAZIONALE.

Pietro De Palma

Charles Ashton: Veglia Tragica (Dance for A Dead Uncle, 1948) – trad. Aldo Albani – I GRANDI GIALLI Pagotto, Anno I, N.3, 1949ultima modifica: 2016-05-06T11:35:50+02:00da lo11210scriba
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