Ngaio Marsh : Il guanto insanguinato – I Gialli di Qualità N.12, Rizzoli, dell’11 settembre 1975

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Ngaio Marsh : Il guanto insanguinato (Death at the Dolphin, 1966) – traduz. Lia Volpatti – I  Gialli di Qualità Rizzoli  N.15  dell’ 11 settembre 1975.

 

Quando lo trovai, tempo fa, in una libreria antiquaria, venduto ad un euro, avevo già letto qualche recensione di lettori cui non era piaciuto. Ma si sa “De gustibus non disputandum est” e quindi..contemplavo anche la possibilità che il libro in realtà sarebbe potuto piacermi.

Non so, ma evidentemente anche il fatto che fosse un romanzo di Ngaio Marsh, fece il resto, e così lo acquistai.

Non l’ho preso in mano fino agli inizi di luglio, quando, per 9 giorni, sono stato su una spiaggia anche sotto un ombrellone: devo dire alla fin fine che aver acquistato il Marsh, è stato una scelta azzeccata.

Ngaio Marsh, neozelandese, è stata una scrittrice di grande talento e di gran gusto, molto raffinata nella sua scrittura, che ha privilegiato nei suoi romanzi le atmosfere pittoriche e ancor più teatrali, conseguenza del fatto che lei stessa per gran parte della sua vita è stata un’apprezzata regista teatrale, avendo ancor prima studiato pittura, e che solo nel tempo che le avanzava scriveva polizieschi; nonostante ciò, in un periodo che va dal 1934 con da A Man Lay Dead al 1982 con Light Thickens, ha consegnato alle stampe 32 romanzi, alcuni dei quali trattano tematiche legate agli ambienti teatrali o artistici (pittorici). Tra i primi è compreso il romanzo in oggetto, che tratta di un teatro e di una recita shakespeariana (non scordando che molte delle produzioni dirette da Ngaio Marsh erano di drammi o commedie di Shakespeare), e che nel 1967 fu finalista dell’Edgar Allan Poe Award (l’Edgar Award quell’anno fu vinto da The King of the Rainy Country di Nicolas Feeling: Come il re d’un paese piovoso, Garzanti R 66 N.12).

In Death at the Dolphin si parla di teatro e di Shakespeare; tuttavia il delitto non arriva subito, ma dopo un’ elaborata introduzione che, diversamente da altri romanzi, non serve tanto per rendere visibile al lettore una situazione di odio o invidia o gelosia che possa sfociare in un omicidio, quanto creare il presupposto perché si abbia il delitto.

Peregrine Jay, commediografo e regista teatrale, ha un sogno: salvare dall’oblio e dalla distruzione completa il Delfin, un teatro liberty che sta andando in rovina, abbandonato e rovinato dall’incuria e dal tempo. Un bel giorno vi si reca e dopo aver ammirato le forme, le sculture, la linea della platea e dei palchi e aver respirato l’aria, ora polverosa, di un grande teatro dell’epoca, riempito da una folla di appassionati un tempo, mentre ora lo è da ragni e topi, volendo provare il palco, laddove si erano esibiti attori importanti, non si avvede di un grosso buco, provocato da una bomba sganciata da un aereo tedesco, riempito ormai di acqua putrida, e vi cade dentro, senza possibilità di uscirne, con la prospettiva reale di morire annegato, senza che nessuno possa sapere che lui è lì disperato a cercare di non morire in quell’acqua fredda e puzzolente. Quando ormai le sue speranze sono svanite ed è lì intorpidite che sta quasi per cedere la propria volontà all’abbraccio della morte, una mano lo afferra e lo trae in salvo: è la mano di Vassily Conducis, un favoloso miliardario greco, proprietario del teatro, che si sente in colpa per quanto accaduto a Jay. Fatto sta che, portato a casa Conducis e lì cambiatosi, lavatosi e rifocillato, Conducis gli fa vedere una cosa estremamente rara: un guanto che si ritiene sia appartenuto al figlio morto di William Shakespeare, di cui è venuto in possesso; e gli racconta la storia legata ad esso. Jay, reso alquanto brillo dai punch che gli son stati dati per scaldarsi dopo l’avventura gelida del teatro, comincia a fantasticare, e durante un’appassionata filippica, contagia Conducis con i suoi sogni, di far rivivere il Delfin legandolo ad una commedia basata proprio sulla storia di quel guanto. Fatto sta che Conducis, quando lui è ritornato sul terreno della realtà, gli offre una possibilità più unica che rara: finanzierà a sue spese la ricostruzione del teatro, a patto che Jay vi rappresenti, con un’adeguata compagnia, una vicenda legata al guanto di Shakespeare. E in cambio, la pubblicità che verrà creata allo scopo di rilanciare il teatro, servirà anche a rendere appetibile la vendita del guanto a collezionisti stranieri: il guanto dopo adeguatata perizia, tesa a confermare l’autenticità almeno del tempo di creazione, verrà riposto in una cassaforte collegata a sistemi di sicurezza, posta all’interno del teatro.

Intanto Jay deve allestire lo spettacolo sulla base di un testo che lui stesso ha inventato, ma gli attori che formano la compagnia fanno di tutto per appesantire il suo compito: tra capricci da prima donna di Gertrude Bracey e scocciata voglia di ripetere le parti fino alla perfezione da parte di Marcus Knight, tra punzecchiature continue di Hartly Grove, e patriottica rivendicazione del cimelio del guanto all’Inghilterra da parte dello scenografo e amico di Peregrine, Jeremy Jones, le prove dello spettacolo che deve essere allestito vanno avanti. Ma ben presto soprattutto Marcus e Hartly arrivano ai ferri corti per reciproci affronti: una notte qualcuno ruba il guanto e nello stesso tempo uccide il guardiano e tenta di uccidere l’attore più giovane della compagnia, che normalmente impersona il figlio piccolo di Shakespeare, quello cui viene regalato il guanto e che poi muore: il bello è che anche nella realtà il ragazzo rischia di dipartire affrettatamente, cadendo (lanciato o inciampato per errore dopo una lotta con l’assassino) da una balaustra. Il fatto strano è che il guardiano aveva addosso un cappotto a riquadri marroni che gli aveva regalato proprio Hartly: si insinua quindi il dubbio che qualcuno abbia ucciso il guardiano avendolo scambiato per Hartly Grove.

A questo punto entra in scena Sir Roderick Alleyn, Sovrintendente di Scotland Yard, che dovrà investigare in un ambiente in cui spesso gli attori continuano a recitare anche nella realtà di tutti i giorni, sondare anche i più piccoli particolari, e arrivare alla fine all’individuazione dell’assassino, che sarà ancora una volta il meno probabile : sarà uno degli attori, o lo scenografo? O forse sarà lo stesso Conducis o la collezionista americana Constantia Guzman sotto mentite spoglie?

Dopo una caccia al topo, con numerosi colpi di scena, l’individuazione del colpevole arriverà in virtù di un piccolissimo particolare, che sfugge all’attenzione ma che ha un valore fondamentale per la soluzione finale, anche se il movente verrà rivelato alla fine ed sarà anch’esso una sorpresa.

Quello che si nota immediatamente, leggendo il romanzo, è che l’atmosfera teatrale non è finta, non è stata inventata da chi non conosce quel mondo, ma è stata costruita basandosi su tante esperienze personali: i rimbrotti, gli screzi, le rivalità, le invidie, le gelosie tra attori, sono resi con grande maestria, da chi probabilmente li viveva quotidianamente. Inoltre, l’attaccamento a quel mondo è reso in maniera intensa: si sente l’amore per il teatro, unito ad una voluttà che può essere capita da chi vive una passione per qualcosa: quando Peregrine è nel teatro in rovina e immagina come quel teatro sarebbe dovuto essere, vede con gli occhi della mente i palchi, il palcoscenico, la galleria, i corridoi, le pitture, le sculture lignee, i marmi, è come se li stesse vedendo in quel momento Ngaio, perché Peregrine Jay regista teatrale è Ngaio Marsh regista teatrale. Solo che Ngaio è anche scrittrice, e così state pure sicuri che Peregrine non sarà certo l’assassino; e che in fin dei conti, accanto a Roderick Alleyn, sarà il personaggio più vivido e più simpatico, fra tutti quelli presentati.

E’ questo che rende il romanzo una lettura estremamente appagante e per niente noiosa.

Inoltre Ngaio Marsh si conferma scrittrice di razza e di finissimo gusto nella costruzione del plot, invero piuttosto complesso: non è affatto semplice individuare il filo di Arianna in questo intricato labirinto di odii e bugie. Man mano che si snocciola l’indagine, si assisterà a rivelazioni che possono avere una propria importanza come pure possono non averla; oppure possono addirittura imbrogliare le carte, oppure possono ordinarle. Basta solo inquadrare l’indizio determinante, tra i tanti forniti, e si avrà la soluzione: solo che non sarà per nulla facile superare Ngaio Marsh in quanto ad acutezza!

Non aggiungo altro perché questo è un romanzo da leggere e da gustare. E si tenga presente che è un romanzo del 1966, cioè quando la Marsh aveva 71 anni: eppure fa specie che tutto sia così fresco e immediato, anche se velato da una melanconia struggente.

Una riscoperta.

 

Pietro De Palma

Ngaio Marsh : Il guanto insanguinato – I Gialli di Qualità N.12, Rizzoli, dell’11 settembre 1975ultima modifica: 2011-08-03T12:52:57+02:00da lo11210scriba
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5 pensieri su “Ngaio Marsh : Il guanto insanguinato – I Gialli di Qualità N.12, Rizzoli, dell’11 settembre 1975

  1. Grazie per questa bella recensione: mi ha fatto venire voglia di leggere questo romanzo! Chissà se riuscirò a trovarlo, un giorno o l’altro… Intanto mi consolo con l’ultima biografia della Marsh!

  2. Lo scopo è proprio quello di tutte le mie recensioni: incentivare chi le legge, a procurarsi i rispettivi romanzi.
    Perchè la cultura deve circolare: non serve a nulla che rimanga confintata entro determinati spazi. Leggere che una mia recensione è servita al suo scopo originario, cioè avvicinare qualcuno ad un libro, è la cosa che possa farmi piacere.
    Grazie.

  3. E’ lo scopo di tutte le mie recensioni, Paolo : avvicinare chi le legge il più possibile ai rispettivi romanzi.
    Anche per farsi un’idea indipendente sugli stessi.
    Leggere che qualcuno abbia maturato, dopo aver letto una mia recensione, il desiderio di leggere il rispettivo libro, mi riempie di gioia, perchè significa che lo scopo è stato raggiunto.
    Per questo ti ringrazio.

    • Sono io che ringrazio te, anche se devo ammettere che la Marsh mi è sempre piaciuta! Ci sono sicuramente tra me e lei delle affinità che vanno oltre il genere “giallo” (il teatro, l’amore per la pittura, ecc.). In ogni caso, grazie: le tue recensioni sono sempre molto belle e trasmettono tutta la tua passione e il tuo entusiasmo!

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