TOM MEAD : DEATH AND THE CONJUROR (LA MORTE E IL MAGO) – THE MYSTERIOUS PRESS, NEW YORK, 2022

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Tom Mead è un caro amico. Ci conosciamo da qualche anno.

Amicizia nata su Facebook, ma non come tante: approfondita e scandita da letture e discussioni.

Lui si ricordava di me perché anni fa in una antologia di John Pugmire & Brian Supkin era apparso un mio racconto con una classica camera chiusa, mi disse che gli era molto piaciuta e mi chiese se avessi scritto dell’altro. Io gli dissi che avevo scritto molti racconti, alcuni pubblicati nel passato e molti inediti, e che anche avevo scritto un romanzo, che probabilmente non sarebbe mai stato pubblicato, con due camere chiuse e un delitto impossibile. Da lì, varie discussioni su ambiti concomitanti, e riflessioni su autori anche francesi del passato, Steeman per esempio (di cui lui mi disse aveva in mente di far pubblicare dei romanzi nella sua traduzione dal francese). Poi la richiesta di leggere i miei racconti (alcuni li avevo anche tradotti in un inglese accettabile) e l’offerta di tradurne alcuni di sua scelta. Ovviamente mi lusingò, anche perché era l’unica persona che potesse farlo, in quanto nell’italiano si arrabattava: Sergio Angelini che conoscevo anni fa anche per il suo splendido blog poi chiuso, aveva fatto capire di non essere disponibile a tradurli in un inglese fluente per problemi suoi, e come si sa Igor Longo, splendido traduttore e amico un tempo, è scomparso dalle scene circa due anni fa, e non si sa quando e se ritornerà.

Oltretutto, uno dei tre racconti che ha tradotto meglio di quanto avessi fatto io, è stato poi pubblicato sulla prestigiosa rivista americana di Arthur Vidro, e di questo ho ringraziato lui per la traduzione e Mike Grost per l’imbeccatura.

Tom circa due anni fa mi ha detto che aveva scritto un romanzo, e l’aveva tra gli altri fatto leggere a Gabriele Crescenzi. Poi mi disse tutto contento che aveva inviato il romanzo a Otto Penzler, che lo aveva apprezzato molto tanto da volerlo pubblicare. Va detto che Tom tuttavia non è un nome del tutto nuovo: ha pubblicato già alcuni racconti sia su Ellery Queen Mystery Magazine sia su Alfred Hitchcock Mystery Magazine, per di più incentrati sulle avventure dello stesso personaggio, che agisce nel romanzo cioè Joseph Spector, e si è fatto già conoscere per la propensione a inventare delitti impossibili.

Quella dei delitti impossibili e delle camere chiuse è in un certo modo “una distorsione mentale”: non è solo una sottospecie molto particolare e molto elitaria dei mystery, ma anche a mio modo di vedere, “una distorsione mentale”, e lo affermo non solo come lettore e critico ma soprattutto come scrittore di camere chiuse e delitti impossibili. In altre parole, chi scrive inventando questa specie di misfatti, è talmente innamorato e anche ossessionato dal delitto che avviene in circostanze impossibili, che non solo non riesce a trovare soddisfazione nell’inventare una storia basata su un comune delitto, ma è anche legato alla volontà di superarsi in continuazione, inventando sempre nuovi trucchi originali.

Su questo è bene aprire una parentesi: come disse qualcuno, dopo la morte dei grandi scrittori di Camere Chiuse, quelli storici, intendo Carr, Rawson, Crispin, Talbot, Sladek, Commings, Hoch, Wynne e qualche altro, scrittori che abbiano inventato trucchi originali ce ne sono molto pochi, e normalmente i romanzi che vengono scritti sono quasi sempre tributi reali o ideali a questi grandi scrittori del passato.

Anche il romanzo di Tom lo è.

L’azione si svolge nel passato, nel 1936.

Benjamin Teasel è l’impresario di uno spettacolo teatrale che si annuncia di grande successo: Miss Death. La protagonista è Della Cookson, attrice consolidata. A curare gli effetti è stato chiamato Joseph Spector, mago prestigiatore. Lo spettacolo ha grande successo. Teasel organizza un party a casa sua e invita tutti e anche uno psicanalista da poco residente in città, scappato dalla Germania, il dottor Anselm Rees e sua figlia. Rees però declina l’invito. Ha tra gli altri appuntamento con un misterioso visitatore che gli ha chiesto urgentemente di poterlo vedere.

Questi arriva, con un cappotto rialzato e un cappello a larghe tese che impedisce di poterlo riconoscere, e si dirige verso lo studio di Rees. Dopo un certo tempo, esce sempre dalla porta principale. Sentono il dottore rispondere al telefono. Dopo un po’ la governante va a vedere se il dottore abbia bisogno di qualcosa, ma non riceve risposta; stessa cosa la figlia Lydia, pure lei dottoressa. Per di più la stanza è chiusa dall’interno. Gridano ma non ricevono risposta. Decidono quindi di aprire la stanza dal di fuori col trucco di spingere la chiave facendola cadere e poi recuperandola con un giornale da sotto il battente. Quello che trovano è la visione orribile del dottor Rees ucciso con un profondo squarcio alla base del collo, tanto che lo ha quasi decapitato. Provano la finestra, ma la trovano bloccata, per cui riservano le proprie energie a trovare l’assassino che deve essere per forza lì; e guarda caso c’è una cassa di legno tanto profonda da ricevere un corpo. Ma..è vuota. Eppure il visitatore non può essere stato, perché poi hanno sentito la vittima parlare al telefono. Oppure, se è stato lui, deve aver inventato qualche trucco. Fatto sta che le due donne, scosse e sul punto di uno shock vanno a trovare una bottiglia di liquore per calmarsi e poi chiamare la polizia.

Fuori piove a dirotto. E la cosa avrà la sua importanza per determinare dalle impronte, cosa sia stata fatta e cosa no.

Entrano in scena l’Ispettore Flint e il suo amico il mago Joseph Spector. E da qui comincia una indagine che innanzitutto tende a conoscere più a fondo la figura di Rees, e i suoi pazienti. Ben presto si viene a sapere che i casi su cui aveva riversato le sue energie erano tre: Floyd Stenhouse, violinista internazionale, che aveva sogni orribili ricorrenti (Paziente A); l’attrice Della Cookson, che soffre di cleptomania (Paziene B); Claude Weaver, scrittore , che soffre di buchi di memoria (Paziene C). E tutti e tre avranno in un modo o nell’altro delle incidenze sulla storia.

Se gli investigatori devono svolgere indagini al fine di trovare prove per fermare l’omicida, ben presto si trovano dinanzi anche un problema accessorio: qualcuno, la notte del party a casa Teasel, ha rubato senza che si possa capire come lo abbia fatto, la tela “El Nacimiento” di Manolito Espina, il pittore pazzo. C’entra per caso Della nel furto? E guarda caso Della Cookson era anche presente sulla scena del delitto. Ma lei è arrivata dopo che il misterioso visitatore era andato via.

Si viene a sapere che la telefonata alla quale avevano sentito rispondere dal Dottor Rees era partita dalla casa di Steenhouse.

A questo punto parte una serrata indagine, che si appunta su altre personalità che di volta in volta appaiono e scompaiono: Der Schangenmann (L’uomo serpente), Frieda Tanzer, l’attore Edgar Simmons. Finchè avviene un secondo delitto, anche questo in circostanze impossibili: un giovane viene trovato in un ascensore, strandoltato, senza che nessuno sia stato visto avvicinarvisi, o aprirlo.

Da qui l’azione diventa più veloce, accadono altre cose finchè durante una riunione coi i sospettati, l’assassino viene incastrato. E Spector dimostrerà come abbia fatto ad uccidere in entrambe le occasioni.

Il romanzo è bellissimo. E come ho detto altre volte, le Grandi Camere hanno sempre grandi messinscene. Qui però la messinscena non è il frutto dell’azione solo dell’omicida di perpetrare il crimine e farla franca, ma anche dell’azione combinata ma non calcolata, di interventi di altri soggetti che la rendono complessa: il misterioso visitatore, seguito da un altro che proviene dal giardino della villa e che lo segue; la presenza di Della Cookson; la stanza che sembra chiusa dall’interno, porta e finestre, solo che le finestre prima chiuse dall’interno, vengono aperte e sbarrate dall’esterno e poi richiuse dall’interno; la presenza di un impostore che determina una situazione particolare nella storia, che avrà conseguenze all’atto dell’omicidio.

Pochi sanno tuttavia che la genesi del titolo non è stata immediata: infatti la prima stesura ne aveva uno differente Occam’s Razor. Ora è evidente che se fosse stato scelto questo primo titolo, la ragione sarebbe stata duplice: innanzitutto il rasoio è l’arma utilizzata per il primo delitto, quello che è alla base del romanzo; e come si sa comunemente “Il rasoio di Occam” è anche un procedimento metodologico che consiste nel dare ad un problema la sua soluzione più semplice scelta tra alcune ugualmente valide. Ma Tom Mead ha preferito cambiarlo in Death and the Conjuror, La Morte e il Prestigiatore, perchè come mi ha rivelato lui “Otto Penzler didn’t like the original title, which is why I changed it”.

E’ diviso in tre parti: il racconto del ladro, il racconto del bugiardo, il racconto dell’impostore e ciascuna delel tre parti riporta una frase dedicata ad un grande scrittore del passato. A significare quanto il romanzo sia concepito, come accaduto tante altre volte, come un omaggio ai grandi del passato, e in particolar modo a John Dickson Carr. E non a caso  la dedica immancabile ai genitori, è seguita da quella a Carr. Tom però non guarda a Carr solo in quanto nume tutelare del sottogenere, ma anche quando vi si rifa direttamente nella storia: infatti non solo l’apparire di un misterioso visitatore nascosto da un pastrano e da un cappello che lo nasconde, ci riporta a  The Hollow Man, dove c’è un misterioso visitatore che fa visita al Dottor Grimaud, che verrà  ucciso; ma anche i riferimenti a Vampiri (The Vampire Trap) non sono fini a se stessi, ma tendono sempre a collegarsi all’opera più significativa di Carr. Come se non bastasse, nella seconda parte, c’è anche una disquisizione della Camera Chiusa, come accade in The Hollow Man.

Quando qualcuno scrive un’opera, del genere Camera Chiuse, tende di solito non solo a mettere tutto quello che d’impossibile sia capace, ma anche a inserirvi talvolta un elemento caratterizzante, che è, per antonomasia, la Conferenza delle Camere Chiuse. E quando ciò accade, significa che per l’autore il romanzo ha un’importanza particolare.  Tuttavia, nel caso di Tom, la disquisizione viene affrontata in modo diverso che nel romanzo di Carr e in genere nei romanzi che la contengono. Infatti in Death and the Conjuror, non assistiamo ad una conferenza dotta qual è quella del Dottor Fell che snocciola tutta la casistica fino a quel momento, bensì la disquisizione viene affrontata adattandola strettamente ai problemi del caso in fieri, eliminando tutto ciò che non può adattarsi ed invece soffermandosi solo su ciò che è materia del caso.

Nella terza parte, invece, prima della soluzione, ecco un altro omaggio ad un altro Grande del genere: ad Ellery Queen. Perchè, anche se brevemente, Tom si ferma e lancia una vera e propria Sfida al Lettore, che dovrebbe anticipare la soluzione di Spector, individuando l’omicida. Io l’ho individuato, prima che Spector lo faccia, e devo dire che se sempre difficile, se proprio ci si applica, e si sta molto attenti leggendo il romanzo, una qualche supposizione su chi possa essere il responsabile, può non essere proprio peregrina. Il punto cruciale per l’individuazione del colpevole è il secondo omicidio impossibile: perchè eliminati uno ad uno coloro che non potevano essere stati, per improbabile che possa sembrare, l’assassino può essere solo una persona, secondo l’aforisma celebre di Conan Doyle: “Once you eliminate the impossible, whatever remains, no matter how improbable, must be the truth”. E siccome il secondo delitto è la diretta conseguenza del primo, ne deriva che l’assassino può essere uno solo.

Ma gli omaggi non finiscono qui: infatti la stessa figura di Joseph Spector è un omaggio ad un altro grande scrittore di storie impossibili: Clayton Rawson. Infatti la specularità di Spector con Merlini è quantomai evidente. Tanto più che come Merlini nelle sue storie spesso fa innocenti giochi di prestigio, cava conigli dai cappelli e propone indovinelli di logica, così fa Spector nel corso del romanzo, e alla fine propone con la gabbia truccata del canarino, una metafora che ben si può adattare al romanzo: cioè che se si vuole, la realtà può essere cambiata a piacimento con un trucco. Gabbia, che a seconda di come viene girata fa sì che l’uccellino ora sia lì e ora no, perché è fatta di specchi, e in questo ricorda ancora una volta Carr: uno dei racconti del Colonnello March, The New Invisible Man in Department of Queer Complaints.

Chi potrebbe pensare che si tratti però solo di un romanzo deduttivo, sarebbe tratto in inganno: la parte deduttiva è preponderante, ma anche quella psicologica ha la sua importanza: per es. capire come sia stato rubato “El Nacimiento” e chi possa averlo fatto e per quale motivo, non è cosa da poco; così pure cosa nascondeva Marcus Bowman, il fidanzato di Lydia Rees, che riguardava altra persona; e infine il ragionamento per spiegare la condotta di Weaver,  e i suoi buchi di memoria, che poi sarà la base su cui Spector fonderà il suo ragionamento finale e spiegherà i delitti.

Il romanzo deve essere letto bene e perciò vuole il suo tempo; però è da dire che al di là del tempo necessario per leggerlo bene e soffermarsi sui vari gradini della scala cognitivaa che porta alla soluzione, il romanzo ha diverse velocità: la prima e la seconda parte sono generalmente lente e il romanzo procede a fatica, anche perchè la disquisizione sulla Camera Chiusa e le disquisizioni sulle turbe dei pazienti del Dottor Rees e quella su The Snakeman, devono essere affrontate con passo fermo e misurato; la terza parte, soprattutto a partire da The Vampire Trap, invece diventa a dir poco frenetica, e le sorprese si susseguono a ritmo serrato, delineando una soluzione che fa intravvedere una realtà assai diversa da quella che si pensava fosse quella pensata in un primo momento.

Pietro De Palma

TOM MEAD : DEATH AND THE CONJUROR (LA MORTE E IL MAGO) – THE MYSTERIOUS PRESS, NEW YORK, 2022ultima modifica: 2023-02-04T22:55:24+01:00da lo11210scriba
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