Ellery Queen : Le tre vedove (The Three Widows, 1950) – Trad. Tina Honsel – in Agenzia Investigativa di Ellery Queen, Mondadori, 1984

Quest’oggi cominciamo una serie di appuntamenti, nei quali verranno vagliati i racconti con impossibilità varie (documenti che spariscono, veleni che appaiono, delitti in stanze chiuse) di Ellery Queen: la cosa mi è stata chiesta nei giorni scorsi da Giordano Giorgi e mi è sembrata molto carina, anche perchè i racconti di Ellery Queen, nonostante in tempi non recenti siano stati messi a disposizione dei lettori italiani (non tutti), almeno quelli contenuti nelle antologie realizzate dai due cugini, da parecchi in Italia non sono stati letti.

Normalmente sono un miracolo di deduzione. Alcuni sono più famosi di altri, altri meno. Taluni sono molto corti, altri molto lunghi, altri ancora novelle. Insomma, il panorama è molto variegato.

Non seguirò un ordine cronologico, perchè anche il mio grado di gradimento non è costante e segue miei personalissimi spunti.

[  Prossimamente uscirà un mio lungo articolo di introduzione a I Racconti di Ellery Queen : non perdetelo!  ]

Cominceremo quindi da uno contenuto in Agenzia Investigativa Ellery Queen (Queen Bureau of Investigation).

Theodore Hood, vedovo, aveva due figlie: Penelope e Lyra. La prima non dava nessuna importanza al denaro, la seconda il contrario. Entrambe si erano sposate, ma entrambe erano rimaste vedove. Il padre le aveva riaccolte in casa, ma poi se ne era pentito, perchè risposatosi, aveva ben presto capito che le due figlie erano incompatibili con la moglie. Ben presto era morto, lasciando il patrimonio di due milioni di dollari, alla moglie, con la disposizione, di cui era garante il legale di famiglia, l’avv. Starck, che in caso di sua morte, esso sarebbe stato diviso in parti eguali alle due figlie. Quali miglior moventi per un omicidio? L’antipatia e la bramosia di riccchezza.

Fatto sta che un bel giorno la moglie si rivolge al medico di famiglia, il dottor Benedict, per degli esami di routine: nonostante egli l’abbia trovata in ottima forma, il giorno dopo si ammala e peggiora per cui lei, temendo di essere stata avvelenata, gli chiede che la esamini approfonditamente: in effetti il dottore riscontra che è stata avvelenata. Siccome non può dire chi l’abbia avvelenata, e le disposizioni testamentarie le impediscono di mettere fuori di casa le due figliastre, ne discende che il dottore annuncia alle due sorelle, che dovrà controllare giorno per giorno la matrigna al fine di evitare un nuovo avvelenamento.

Ma un secondo avvelenamento avviene comunque. A questo punto la donna fa chiamare Ellery Queen, nella speranza che egli riesca ad individuare l’assassino e come il veleno le sia stato propinato. La ragione è che: la signora si cucina personalmente tutto nella sua camera da letto, con le finestre ermeticamente chiuse e la porta sprangata dall’interno; beve solo acqua di provenienza certa, utilizza il suo spazzolino e il suo dentifricio che non possono essere stati presi da alcuno; per la cottura e utilizzo del cibo usa pentole e piatti che ha acquistato ex novo; non si trucca, non mette profumi, rossetti e quant’altro; la serratura della porta della camera è stata rifatta da lei da poco.

Ellery dopo aver interrogato anche i domestici, conclude che è matta, cioè simula il proprio stato. Ma tempo dopo, un terzo tentativo la uccide. Ellery è convinto del suicidio, ma lo fa cambiare idea proprio il veleno che non si trova. A questo punto per esclusione l’omicidio è l’unica possibilità, un omicidio impossibile: un affronto alla sua capacità di deduzione sopraffina.

Riuscirà a trovare un assassino diabolico, solo facendo  ricorso alla sua deduzione, dopo essersi persino ammalato a causa della sua incapacità a trovare l’assassino e il modo di uccidere in una stanza ermeticamente chiusa, dopo aver vagliato per l’ennessima volta tutti gli indizi e le testimonianze prodotte.

Gli indizi vengono infilati tutti, e il racconto potrebbe definirsi una mini-sfida al lettore, giacchè non esiste per nulla la sezione in cui interviene la polizia, quindi l’indagine a tutti gli effetti: è Ellery ad agire, solo lui. Questo è inconsueto, perchè l’indagine sulla morte della donna, che dovrebbe essere svolta da un ufficiale di polizia, quando non addirittura da un vice procuratore distrettuale, non si verifica (neanche da suo padre, col corollario dei suoi agenti).

La faccenda ha uno svolgimento surreale:nessuno avvisa la polizia, Ellery viene avvisato della morte della donna, ed interviene solo perchè qualcuno si è preso gioco di lui, della sua superiore intelligenza (e ovviamente della vittima). E finchè ragiona, nelle quarantasette ore in cui Ellery mette alla prova il proprio acume, invano, finchè il padre non lo smuove dal letto ficcandogli un termometro in bocca, mettendogli una borsa di ghiacco in testa, e facendogli uan scaloppina al burro (il non trovare la soluzione lo ha fatto ammalare), nessuno avvisa la polizia. E lui quando interviene e scioglie l’enigma, lo fa con una improvvisata riunione di famiglia, durante la quale si rivolge alle uniche persone che potessero trarre vantaggio dalla morte della donna.

Ma come il racconto (un mini racconto di poche pagine) manifesta una andamento surreale durante tutto il suo svolgimento, surreale è anche la fine, perchè Ellery rivela l’unico modo attraverso il quale la donna può esser stata avvelenata, ma noi non sappiamo cosa faccia il responsabile: ammette, si proclama innocente, ridicolizza la soluzione di Ellery? No, nulla. Il racconto finisce con Ellery che da la soluzione. Non si sa nemmeno chi sia il complice (perchè c’è un complice), perchè il complice potrebbe sapersi solo se fossero state svolte delle indagini canoniche da parte della polizia. E non sappiamo neanche se l’assassino verrà consegnato alla giustizia, perchè il complice non si sa cosa potrebbe fare (e non si sa neanche chi sia).

Ecco perchè dico che questo è un, come potrei dire…un esercizio di stile, più che un racconto vero e proprio, un rompicapo da settimana enigmistica, una mini sfida al lettore.

Nient’altro.

Il plot basato su un avvelenamento impossibile, ripetuto, di una donna sempre più malata, da alcuni è stato spiegato col fatto che in quel periodo pare che i due cugini avessero seri problemi di salute, che si siano riflessi in una storia volutamente pessimistica (ancor più pessimistica, quando si conosca la soluzione, ancor più per un malato).

La soluzione però, è geniale, su questo nulla da dire, tanto più che utlizza tutti gli indizi dati, ravvisabili in quello che io vi ho raccontato: solo in un modo l’assassino potrebbe aver colpito.  E’ bene dire però che gli indizi dati sono pochissimi, talmente pochi (oppure è uno solo) che un altro titolo del racconto è

Murder without clues (assassinio senza indizi).

Non vi rimane che leggere il racconto (difficile da trovarsi ) o lambiccarvi il cervello, ma…non sarà facile.

Pietro De Palma

Ellery Queen : Le tre vedove (The Three Widows, 1950) – Trad. Tina Honsel – in Agenzia Investigativa di Ellery Queen, Mondadori, 1984ultima modifica: 2017-09-04T21:57:43+02:00da lo11210scriba
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