Peter Lovesey : La vacanza del Cappellaio Matto (Mad Hatter’s Holiday, 1973) – trad. Alda Carrer – Universale Sonzogno Avventura N.33 , Sonzogno, 1975

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Un altro romanzo di Peter Lovesey. Il primo ad essere stato tradotto in Italia.

La vacanza del cappellaio matto, Mad Hatter’s Holiday, fu pubblicato stranamente da Sonzogno nel 1975 nella sua collana Universale Sonzogno Avventura. Sottolineo “stranamente” perché questo libro uscì solitario, in mezzo ad altri esempi, tipo Le lettere di Scorpio, di Victor Canning, di romanzi di autori dimenticati o comunque poco conosciuti. Allora, nel 1975, Peter Lovesey lo era in Italia, in quanto nessuno dei suoi primi tre romanzi era stato pubblicato (ancor oggi Wobble to Death, The Detective Wore Silk Drawers, Abracadaver , della serie vittoriana con il Sergente Cribb e l’Agente Thackeray di Scotland Yard, sono inediti in Italia), e tale destino è ancora in essere per il quinto e il settimo della serie. Mentre per il sesto, Un fantasma per Cribb, già recensito da me, e per l’ottavo, La statua di cera, si dovette aspettare il 2002 per pubblicarli. Quindi bisogna riconoscere a chi lo scoprì nel lontano 1975, di aver avuto alquanto fiuto.

La vacanza del cappellaio matto è un romanzo delizioso.

Il tempo è quello della Regina Vittoria. Le prime sessanta pagine scorrono placide, anche un po’ troppo direi, tutte incentrate sulle manie vacanziere del Sig. Moscrop, un commerciante di strumenti ottici, soprattutto cannocchiali e binocoli, il quale passa le sue vacanze ad osservare la gente con un suo potente binocolo. Non gente qualunque, ma quella vacanziera che d’estate affolla la spiaggia di Brighton: una umanità fatta di dame con l’ombrellino per ripararsi dal sole, signori con la bombetta o la paglietta, bambini, bambinaie, venditori di pesce (anche quelli sulla spiaggia), villeggianti attratti dai bagni o dall’acquario con i famosi coccodrilli, e a fare corollario, soldati, domestiche, prostitute, clienti. Insomma un’ambientazione molto vivida, anche se sessanta pagine incentrate sulle manie di Moscrop, sarebbero un po’ troppe. E devo dire che quelle sessanta pagine sono difficili da leggere, proprio per la ricchezza delle descrizioni, ma anche perché non si riesce a capire cosa c’entrino queste manie con un romanzo giallo. Sembrerebbero inutili, se invece non fossero determinanti per la storia che da quel momento in poi si snoderà.

Moscrop tra le tante persone inquadrate, ha adocchiato una bella dama, Zena,  con un bambino molto piccolo, Jason, cui si accompagna un ragazzo di quindici-sedici anni, Guy, suo figliastro, e la bambinaia, Bridget. I quattro sono soliti stare sulla spiaggia: la bambinaia dovrebbe occuparsi del piccolo Jason, ma invece fa il bagno con Guy, svezzandolo sott’acqua con pratiche erotiche; in soccorso della nobildonna, che farebbe meglio ad occuparsi lei del bambino prima che lo stesso corra il rischio di cadere e farsi male, arriva lo stesso Moscrop, desideroso di rendersi utile e al tempo stesso desideroso di fare amicizia con qualcuno, giacchè è solo, nel suo mondo fatto di cannocchiali.

Attaccando bottone, si accorge che la donna è ben lungi da dargli un calcio nel sedere, cosa che qualsiasi donna di riguardo avrebbe riservato ad un impiccione, ma anzi è ben disposta ad aprirsi ad uno sconosciuto, visto e considerato che anch’ella è sola, nel suo mondo familiare. Non nasce una tresca ma una certa amicizia, fatta di passeggiate e chiacchierate, e così l’ottico viene a sapere che la donna è sposata col dottor Prothero, un medico, e che Guy, suo figlio, è lì, a Brighton, per curarsi e riposarsi, in vista di riprendere l’attività scolastica presso un istituto privato. E’ l’ultima moglie del dottore, che ne ha cambiate alcune. Questa strana condotta, e l’aver scoperto che a sua volta il dottore corteggia la bella rossa figlia del Colonnello Wittingham, una ragazza giovane, e che per avere possibilità maggiore di incontrarsi con la giovane, con la scusa di curare un preteso nervosismo della moglie, la cura propinandole una dose di sonnifero, convince Moscrop di stare all’erta. E chiede alla donna di fargli avere un campione del liquido che le viene propinato di sera, al fine di farlo analizzare.

Il giorno dopo, quando dovrebbe incontrarsi con la donna  per rivelarle se si tratti di veleno oppure no, gli si presenta dinanzi la bambinaia, che lo mette al corrente degli ultimi spostamenti del suo padrone e della rossa Wittingham, e anche dei suoi “corteggiamenti” alla signora Prothero. Una serva non certo solo licenziosa, ma anche furba.

E’ la sera dei fuochi artificiali, offerti alla cittadinanza per festeggiare l’arrivo in città di un reggimento dell’esercito.  Moscrop avrebbe detto alla dama che il liquido era una dose estremamente blanda di cloralio, un farmaco per addormentarla e farla rilassare.

Qualche giorno dopo, per un caso, un visitatore dell’acquario vede, al di là del cristallo della grotta dei coccodrilli, una mano femminile, mozzata all’altezza del polso. L’esistenza di residui di sabbia, convince la polizia a effettuare scavi sulla spiaggia al fine di ritrovare le parti mancanti di un corpo femminile al cui apparteneva la mano, per trovare alla fine, avvolti in pagine di giornale, i pezzi di un corpo femminile, al cui manca però la testa e qualche altro pezzo.

Il fatto di aver trovato anche una giacca di foca, posseduta dalla vittima, dalla quale un bottone saltato era stato ricucito in seguito, convince Scotland Yard, di cui son stati inviati sul posto il sergente Cribb e l’agente Thackeray, in seguito alle prime indagini svolte, che tutto giri intorno alla famiglia del dottor Prothero, e che i pezzi della donna ritrovati sotto 30 cm di sabbia, non siano appartenenti ad una prostituta fatta a pezzi con una mannaia, come suggerisce il buon giovane Guy, ma a persona conosciuta. E’ lo stesso Moscrop che si ricorda come un bottone era saltato durante una sua passeggiata assieme alla signora Prothero, dalla giacca di foca, e avendo ritrovato la polizia in un manica della giacca un foglietto con una ricevuta per analisi chimica di cloralio, è chiaro che il cadavere sia quello della signora Prothero.

Il sospettato numero uno diventa il marito, che ha però un alibi inattaccabile, avendo passato la notte del delitto assieme alla signorina Wittingham; e lo stesso Guy, che ha rivelato di aver passato la notte a casa della matrigna, ha l’alibi convalidato proprio da Moscrop; rimarrebbe la bambinaia, che secondo il marito della donna, avrebbe accompagnato sua moglie e Jason in città, ma ella non avrebbe avuto alcun movente per uccidere la padrona; a patto che non sia Moscrop, per un interesse oscuro. Moscrop avrebbe finto allora il suo aiuto a Scotland Yard. Ma…tutto cambia quando Moscrop, avendo osservato un contegno sospetto del dottor Prothero, convinto che quello nasconda qualcosa, lo segue fuori città, tanto per scoprire che si incontra con una donna, sua moglie. Che allora non è affatto morta.

Il dottore ha con sé uno zaino che ha passato a sua moglie e che poi viene sequestrato dalla polizia: contiene gli abiti di..Bridget. E’ lei la vittima. Tutto cambia allora!

Chi è l’omicida?

Il bello è che allorchè il sergente Cribb lo avrà inquadrato e starà per arrestarlo, l’omicida verrà a sua volta ucciso. E scoprire il secondo omicida sarà maledettamente difficile e soprattutto difficile da dimostrare che si sia trattato di omicidio, in quanto mascherato da crisi asmatica.

Bellissimo romanzo, lo diciamo subito. Affascinano le sue descrizioni di luoghi, tempi e persone appartenenti a tempi lontani. Lovesey ha una caratteristica, che è peculiare anche di Doherty: quando inserisce una storia in un contesto diverso da quello contemporaneo, ha la particolarità di renderlo familiare, tanto questo ambiente è ben descritto. E per togliere quella patina di vecchio, riesce a stemperare le varie atmosfere con una certa dissacralità, con battute e uno spirito tipicamente inglese. Se vi sono colonnelli e disciplina, ci saranno anche figlie che finiscono a letto con signori attempati, mogli che allegramente tradiscono i mariti e mariti che tradiscono le mogli, bambinaie e cameriere che invece di stare con bambini, finiscono per  farli, accompagnandosi a stallieri e autisti. Il tutto in un turbillon di situazioni e vicende che affascina e diverte. Come detto, le prime sessanta-settanta pagine sono invece piatte,  e anche difficili da leggere. Bisogna aspettare e avere pazienza: del resto lo stile rispetta anche il personaggio o i personaggi trattati. La prima parte del romanzo infatti è dominato da Moscrop che è un tipo ordinario, preciso, pignolo, e quindi anche la parte narrativa dominata da lui lo è; quando invece arrivano Cribb e Thackeray, due tipi frizzanti e per nulla ordinari, che anche coi modi contrastano palesemente con le convenzioni (Cribb che fa strage di bomboloni e che mangia mentre parla, opposto per esempio al dottor Prothero, l’immagine dell’educazione e della signorilità), ecco che comincia la seconda parte (non esiste una differenza tra parti nel romanzo, ma tra capitoli, eppure si nota fortissima e nettissima la cesura tra la prima e la seconda, proprio perché la prima parte che è quella in cui anche si consuma il delitto è volutamente più plumbea, mentre nella seconda, in cui il delitto è stato già consumato, si assiste ad un rilassamento dell’atmosfera che diventa talora anche ridanciana. Per esempio quando Cribb per agganciare Prothero che utilizza una sauna pubblica, arraffa il telo da bagno del primo sostenendo poi che sia il suo, e questo solo allo scopo di scusarsi successivamente e di avere l’occasione di offrirgli un pranzo per scusarsi, così da agganciare lui e il figlio, e interrogarli in modo informale.

Non sfuggirà a chi volesse procurarsi il romanzo, inserito anche in uno Speciale del Giallo di qualche anno fa, come Moscrop ricalchi l’atteggiamento dell’uomo in carrozzella che scruta i suoi vicini con un binocolo, protagonista del racconto di Cornell Woolrich, It Had to Be Murder, da cui fu tratto il film famoso di Alfred Hitchcock, “La finestra sul cortile”. L’atteggiamento dei due è molto simile: c’è la volontà proprio di impadronirsi della realtà altrui, di insinuarsi nella quotidianità attraverso il binocolo, una sorta di feticcio, più che scrutare dal buco della serratura. In Moscrop non c’è il piacere voyeuristico di guardare di nascosto una donna spogliarsi, ma guardare una donna con occhio interessato ma vigile, commentare e riflettere sul perché qualcuno inquadrato dal binocolo si comporti in un modo anziché in un altro. Ci si aspetterebbe ad un certo punto che fosse proprio lui a scoprire il cadavere; invece tocca lui osservare le evoluzioni amorose di un quindicenne e di una bambinaia ventenne, in costumi castigati primo novecento, nel mare, e chiedersi che ci faccia quel bambino lì vicino. E poi insinuarsi nella vicenda di una donna tradita dal marito e addormentata da lui ogni sera, allo scopo di procurarsi il tempo per adescare e corteggiare un’altra, così da carpirne l’amicizia. Lui e l’uomo sulla carrozzella sono uomini soli, prigionieri di una realtà che gioco forza  si è accettata, ma che nell’attimo in cui si osserva si riflette in quella degli altri. Ma sono anche degli imprestati detectives: non a caso Moscrop è il detective dilettante, imprestato, che domina con le sue osservazioni, la prima parte del romanzo; mentre nella seconda vi sono degli altri detectives professionisti, Cribb soprattutto, che risolveranno la faccenda.

Lovesey è attento al ritmo, e gli scombussolamenti si succedono senza sosta: quando ti aspetti che una cosa sia confermata ecco che poco tempo dopo un nuovo particolare la mostra sotto una luce diversa. E anche lo stesso omicidio e omicida diventano realtà mutevoli e fuggevoli .

Infine estremamente precisa tutta la esemplificazione sulle malattie asmatiche, sui rimedi e sulle varie pratiche atte a simularne gli effetti, conducendo a morte repentina.

Un libro che si legge con grande piacere.

E che nelle ultime quindici pagine si trasforma da un classico Mystery in un Thriller moto sostenuto, giacchè si deve scoprire prima quale sia il secondo omicida e poi come possa essere inchiodato alle sue responsabilità, visto che la causa di morte è il polline, di cui non si è trovata traccia, né tantomeno segni di iniezioni.

C’è pure un attimo di nostalgia a fine romanzo, quando Cribb si reca nel negozio di Moscrop per salutarlo, e poi si vede l’ottico che mette da parte in una scatola di legno un bel cannocchiale di ottone da inviare in regalo a Jason, il figlioletto di Zena Prothero, improvviso sole nella vita di grigiore quotidiano del povero Moscrop che non si è accorto come il fatto di rivolgersi a lui della Signora chiamandolo “tesoro” non era una simpatia personale, esclusiva, come lui ha pensato, ma un modo molto estroverso di rivolgersi a chicchessia.

Chi vive di speranze morirà disperato.

E’ quello che ho pensato di Mr. Moscrop

Pietro De Palma

Peter Lovesey : La vacanza del Cappellaio Matto (Mad Hatter’s Holiday, 1973) – trad. Alda Carrer – Universale Sonzogno Avventura N.33 , Sonzogno, 1975ultima modifica: 2016-12-18T12:10:08+01:00da lo11210scriba
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