Paul Halter : Le mani bruciate (La mort vous invite) – Il Giallo Mondadori N.2560

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Paul Halter : Le mani bruciate (La mort vous invite, 1988) – Trad. Igor Longo – Il Giallo Mondadori N.2560 del 22 febbraio 1998 – pagg. 203

 

Il mio innamoramento delle opere di Paul Halter risale al 2003 : prima di quell’anno, lo devo ammettere, non lo conoscevo. Ma in quell’anno conobbi Igor Longo, consulente storico del Giallo Mondadori. Accadde per caso: scrissi all’Editor di quegli anni, che era Sandrone Dazieri, una lettera in cui sostanzialmente chiedevo che mi potesse dare delle indicazioni su come reperire romanzi gialli Mondadori che contenessero Camere Chiuse, perché è stato sempre il mio pallino. Lui passò la palla a Igor Longo, che mi rispose devo dire anche entusiasticamente, dato che aveva trovato un altro fissato di Camere Chiuse (Igor è il maggiore esperto italiano, sicuramente).

E così cominciò una fitta corrispondenza che poi diventò amicizia epistolare: Igor tra gli altri autori, mi spronò a leggere Paul Halter che a suo dire era il maggior autore contemporaneo di delitti impossibili e camere chiuse. Io lo presi in parola, e così..cominciai a ricercare gli Halter: la maggior parte la trovai a “La libreria del giallo”, quelli più difficili da trovare, quelli che neanche Igor possedeva più (in più copie), tipo Il cerchio invisibile, La quarta porta, Testa di tigre, Cent’anni prima, La morte dietro la tenda rossa, Le mani bruciate, A 139 passi dalla morte; mentre lui mi regalò autografati quelli più recenti tradotti da lui. In realtà pur avendo suggerito lui di pubblicare le opere di Halter, inizialmente a tradurre Halter era stata Marianna Basile; poi in un secondo tempo era subentrato lui. Da Igor ebbi gran parte del resto : Il delitto del Minotauro, La tela di Penelope, Il delitto di Atlantide, L’albero del delitto, Fiamme di sangue, la lettera che uccide. Infine Nebbia Rossa, la Camera del pazzo, e I fiori di Satana me li procurai dopo : Nebbia Rossa era un vecchio titolo che comprai in quanto resa, nuovo, così come La vendetta di Barbarossa, ultimo titolo uscito l’anno scorso. E poi un amico, Tiziano Agnelli, mi ha ceduto la raccolta di racconti in francese, La Nuit du loup.

Halter dev’essere stato sicuramente uno degli autori che più ha pagato il cambio editoriale: da quando lasciò Dazieri, si è progressivamente ridotto il parco dei titoli di autori francesi che, durante la sua gestione, si era notevolmente ingrossato, anche grazie all’abnegazione di Igor che è sempre stato un innamorato della cultura francese (e suppongo lo sia ancora): erano stati pubblicati, sempre tradotti da Igor, almeno, 3 romanzi di Steeman, uno di Jacquemard-Senecal, gli Halter, e altri si sarebbero aggiunti se… Insomma, qualcosa cambiò. E Halter fu uno degli autori che pagò di più.

Una certa tendenza all’anglofilia e al rigetto della letteratura francese gialla dell’ “età dell’oro”? Sicuramente anche questo. Ma anche altro.

Bisogna dire che non è mai stato autore che abbia goduto di simpatie massive: c’è sempre stata una sua sponda che l’adorava ed una che non lo sopportava. Insomma un autore controverso: il perché possiamo cercare di spiegarlo, analizzando una sua opera, uno di quei romanzi che viene da più indicato come uno dei migliori: La mort vous invite ( “Le mani bruciate” ).

E’ un romanzo che ha goduto si dall’inizio di un grande successo di pubblico (in Francia soprattutto) anche in ragione di uno sceneggiato televisivo che fu tratto da esso.

Harold Vickers è uno scrittore di successo di romanzi gialli, ma da un po’ di tempo il trend di vendita è in calo, per cui lui decide di scrivere un romanzo con cui pensa di invertire la discesa di gradimenti: sarà una Camera Chiusa fenomenale.

Vive da solo in una villa, a St. Richard’s Wood, assieme alla moglie Dane, al cognato Roger Sharpe illusionista, alle figlie Valerie e Henrietta; Valerie è fidanzata ad un sergente di polizia, Simon Cunningham.

Una sera Simon si presenta a casa Vickers : è stato invitato a cena dal padrone di casa, ma dell’evenienza nessuno sa nulla. Anche un altro è stato invitato a cena: un certo Fred Springer, critico di romanzi polizieschi. Per di più Valerie che doveva andare a teatro si è arrabbiata perché ha pensato che Simon le avesse preferito un’altra.

Vanno a chiamare il padrone di casa, ma non risponde: aveva detto quel giorno di non disturbarlo per nessuna ragione. Bussano alla porta, gridano, niente. Fanno il giro della casa: attraverso le imposte, vedono che la camera è illuminata. Il maggiordomo si procura una chiave da un’altra porta, giacchè le serrature della casa son tutte uguali, Simon la usa per aprire, ma gira a vuoto. Significa che ha messo il chiavistello, per cui.. si decide di buttare giù la porta, che cede dopo una spallata. Lo spettacolo che si presenta agli occhi dei presenti è raccapricciante: su una tavola imbandita, è posto un tegame con dell’olio bollente in cui sfrigola ancora la carne, in cui è immersa la faccia e le mani dello scrittore, ustionate a tal punto da impedire un riconoscimento formale: la morte è stata dovuta ad un colpo di pistola alla tempia. A testimoniare l’immediatezza della morte è il fatto che due polli sfrigolino ancora e fumino sulla tavola, al centro della quale torreggia un trionfo di fagiani, vicino a dei legumi ripassati con lo scalogno ed il lardo.

Vicino alla finestra un calice pieno per metà di acqua e due guanti.  E ovviamente nessuno dentro la stanza: finestre chiuse, e nessun altro passaggio con l’esterno, segreto o non; e pure la cappa del camino pur essendo senza grata è talmente piccola da consentire il passaggio solo ad animali di piccole dimensioni.

La moglie ha un mancamento sulla soglia; subito chiedono l’intervento della polizia e così Archibald Hurst, Ispettore di Polizia, e Alan Twist criminologo, che stanno giocando a scacchi a casa del primo, si trovano scaraventati in un’altra avventura assurda.

Sin dalle prime battute si sa che innanzitutto la morte non è stata subitanea, ma è avvenuta parecchio tempo prima almeno 24 ore; e che lo scrittore aveva un fratello gemello che abitava in Australia, e il dubbio che comincia a farsi strada poco alla volta è che la faccia bruciata abbia lo scopo di impedire il riconoscimento: vuoi vedere che non si tratta di Harold ma di Stephen Vickers, ricco quanto se non di più del fratello scrittore?

La prima cosa da controllare sono i denti: ma in questo caso è inutile: Vickers si vantava della sua dentatura sana e dal dentista non andava mai per questo motivo. Sul tavolo dell’obitorio, davanti ad uno spettacolo tanto penoso, tuttavia una delle figlie si ricorda di una cosa accaduta l’anno prima: il padre si era ferito ad una gamba ed era rimasta una piccola cicatrice: se ne ricordava perché la ferita inizialmente aveva tardato a rimarginarsi. Quindi è Harold sembrerebbe.

Intanto, si viene a sapere di una maledizione: il padre di Harold era morto per infarto e le cause erano da ricercare nel fatto che lui non apprezzasse il genere di narrativa praticata dal figlio. Una delle due figlie; Henrietta, che odia il padre perché a sua volta non apprezza il suo talento di pittrice, evoca la presenza del nonno. Una notte, Simon Cunningham vede un’ombra nel cimitero: dice che si trattava di un vecchio, che vagava con dei cenci sporchi addosso in direzione del vecchio cimitero che è adiacente alla casa: si tratta di presenza o allucinazione?:

Fatto sta che proprio quando si pensa che l’identificazione sia stata assodata, spunta fuori dall’autopsia che il morto possedeva due denti impiantati: allora non si tratta di Harold ma di Stephen? E Harold dov’è? E’ stato lui ad uccidere il fratello?

Di lì a poco altri imprevisti accadono. Twist si accorge che i pantaloni dell’amico sono imbrattati di sangue: dove mai può esserseli sporcati? Forse quando ha dato un calcio a dei cenci per strada? Quando trovano un pezzo di lenzuolo sporco di sangue fresco, Twist ha un presentimento e si dirige verso casa, dove in camera sua trovano Henriette sgozzata. A questo punto si dirigono verso il cimitero, trovano la tomba del nonno, ma si accorgono anche di uno strano odore, un odore di morte. E’ Hurst che si accorge che dietro la lapide, c’è un altro cadavere vecchio di qualche giorno: anche se i lineamenti sono distorti e puzza parecchio, è senza dubbio il fratello gemello.

Twist e l’Ispettore vogliono sapere se il vicino di casa di Harold Vickers sapesse qualcosa di lui; e così andando a trovare Colin Hubbard, gli regalano Le Mystère de la chambre jaune di Gaston Leroux, perché quando l’avevano interrogato precedentemente lui era caduto nella trappola di Twist: interrogato su Le Mystère de la chambre jaune di Conan Doyle, lui si era spinto in descrizioni fantomatiche del romanzo con Sherlock Holmes e il Dottor Watson, dimostrando così di non capirne nulla. Allora per quale motivo Vickers andava così spesso a trovarlo? Sanno così di un delitto avvenuto cinquant’anni prima, in cui parecchi dei particolari sono uguali a quelli trovati sulla scena del delitto di Vickers: il calice pieno a metà di acqua ed il paio di guanti per terra, vicino alla finestra, di cui è stato testimone lo stesso Hubbard.

Varie prove si accaniscono contro Dane Vickers : sotto il suo materasso vengono trovati degli strumenti utilizzati per la messinscena della morte del marito, e tra di essi due capelli suo. Questo basta (oltre alle sue condizioni psichiatriche gravi, e alle sue accuse alle figlie che il nonno le avrebbe punite) per far convergere su di lei le accuse dell’Ispettore.

Ma non è finita, perché Alan Twist con un rapido dietrofront rivolterà di nuovo le carte ed inchioderà l’omicida.

Diciamo innanzitutto che questo romanzo è quello degli odori: profumo di pollo fritto, di legumi; fetore di cadaveri; odore penetrante di vernice fresca (la casa dove abiteranno Simon e Valerie); l’odore di vernice fresca in colore di cui l’assassino/a ha cosparso la serratura dopo averla svitata e manomessa. Tanti profumi, troppi però per non far ricordare dell’altro.

All’inizio quando cominciai a leggere gli Halter, mi accorsi subito (e lo dissi ad Igor) di quella lunghissima sfilza di citazioni presente nei romanzi dello scrittore alsaziano: Igor lo giustificò con l’amore di Paul Halter verso Agatha Christie soprattutto e verso ovviamente John Dickson Carr.

Ad oggi io direi altro anche: pur accettando quella versione, io propenderei anche per un’altra che non necessariamente elimini la prima ma direi la integri: il volume delle citazioni è troppo rilevante perché possa trattarsi solo ed esclusivamente di citazioni.

Le citazioni possono essere inconscie e consapevoli: io direi che troppe volte, col senno del poi, mi paiono consapevoli. E’ come se lo scrittore, dovendo scrivere un nuovo romanzo, e trovandosi a corto di inventiva, la surrogasse con delle trovate di altri scrittori: non sempre l’inventiva correi in aiuto. Se si sta bene, i romanzi popssono essere magnifici; quando non si sta bene, si perdono colpi (il riferimento è a Carr). Il discorso è che per capire la portata delle citazioni, devi essere anche tu un grande lettore come lo è lui, e quindi automaticamente, non saranno molti coloro che capiranno il meccanismo.

Ovviamente questo non toglie che altrove, cioè in altri romanzi, la portata delle citazioni non possa essere meno importante o addirittura non esserci: è per questo che parlo di citazioni conscie e inconscie. Per esempio Le brouillard rouge, Nebbia Rossa”, che io considero ancora ad oggi se non il capolavoro di Halter, almeno uno dei suoi capolavori, rivela una potenza evocativa di immaginazione e una scrittura così coinvolgente da non aver bisogno di trucchetti e citazioni: se vogliamo, in quel romanzo, la cosa meno importante è proprio la Camera Chiusa, che poi non è funzionale al romanzo, ma ne è solo una trovata!

In questo romanzo, le citazioni abbondano: citazioni a romanzi propri (Nebbia Rossa, appunto: se ne parla all’inizio, ma c’è un altro riferimento molto più diretto ad un certo punto del romanzo che non rivelo, perché chi avesse letto questo romanzo, senza aver letto Le mani bruciate, potrebbe fare il collegamento mentale ed immaginare chi possa essere l’omicida; inoltre a Nebbia Rossa si ricollega anche per la tecnica narrativa: il romanzo comincia come finisce: si incomincia a parlare di un omicida e si finisce con esso), ma anche altrui.

Innanzitutto Harold Vickers: si riferisce sicuramente a Roy Vickers, altro scrittore (era specializzato nella Inverted Story). Può riferirsi anche al romanzo di Roy Vickers, Six Came to Dinner? Molto probabile. Ma ci sono anche altre citazioni.

La messinscena del delitto così fantasiosa e culinaria (unica direi fra tutti i romanzi letti sinora) richiama Arabian Nights Murder di Carr: lì il morto è vestito con un cilindro, un cappotto, ha una barba posticcia e vicino c’è un libro di ricette di cucina.

Ma al contempo, il fatto che richiami un delitto avvenuto cinquant’anni prima (si badi, cinquanta anni, non quaranta o sessanta) richiama un radiodramma di Ellery Queen, The Disappearance of Mr. James Phillimore, in cui un evento accaduto cinquant’anni prima, si verifica esattamente cinquant’anni dopo.

Uno della famiglia che assassina gli altri componenti è una trama vista e rivista, ma quando è la madre che uccide, il riferimento è a The Green Murder Case di S.S. Van Dine: in realtà ad uccidere era la figlia adottiva, qui…

Ma c’è anche il riferimento a Gaston Leroux e Jacquemard-Senecal.

E poi..la cicatrice alla gamba: a chi ci fa pensare?  A me fa pensare alla voglia a forma di fragola sulla coscia di Brad, riconosciuto dalla moglie proprio per questo: ma a The Egyptian Cross Mystery potrebbe riferirsi anche il fatto che il cadavere di Vickers come quello di Brad e dei suoi fratelli non possa altrimenti essere identificato: qui i lineamenti sono bruciati, è come se non avesse più faccia; lì manca proprio la testa.

Ma potrebbe esserci anche un altro significato delle citazioni, accanto a quello connesso con il ricordo di grandi scrittori del passato o con la mancanza supposta di inventiva alla bisogna: si potrebbe trattare anche di un gioco, di una sfida, che lo scrittore lancia ai lettori. Non faceva così anche Ellery Queen nei suoi primi romanzi?

Ellery Queen lasciava degli indizi e spettava al lettore ordinarli nel modo giusto per giungere a rivaleggiare con l’autore: è possibile che Halter dissemini volutamente delle citazioni, che opportunamente interpretate potranno rivelare l’identità dell’assassino? Le citazioni più dirette qui sono quelle a Nebbia Rossa e al romanzo succitato di Van Dine, ma anche quelle di Leroux e Jacquemard-Senecal non sono male.

In conclusione La mort vous invite è un bel romanzo, infarcito di citazioni, che, se talora può mancare di riferimenti originali, tuttavia ha una grande atmosfera (Halter è un maestro di atmosfere, come lo era Carr), che attanaglia a fa finire il romanzo in men che non si dica. E la Camera Chiusa è conclusa abbastanza soddisfacentemente.

Halter propone due soluzioni: la prima quella fallace è data da Hurst che accusa Dane dei tre assassini, la seconda da Twist che invece individua l’omicida. Ma, è bene dirlo subito, Hurst individua già mezza soluzione:Dane Vickers avrebbe messo dentro la serratura un pezzo di metallo che avrebbe dovuto avere la funzione di annullare l’apertura della porta (suo padre era fabbro). Ella avrebbe rotto il catenaccio interno già da venerdì, dopo aver apparecchiato la tavola ed ucciso il marito; poi sarebbe uscita dalla finestra esterna ritornando in casa, chiudendo la finestra, aprendo la serratura, mettendovi dentro il meccanismo che avrebbe reso inservibile l’apertura tramite maniglia della porta, poi rimettendola a posto ed infine passandovi sopra la vernice per impedire che si vedesse la manomissione; e poi chiudendola dall’esterno. Poi avrebbe messo le cose a posto sabato, cucinato, chiuso la porta innestando il meccanismo e aspettato Cunningham e Sprinter, cosicché quando avessero aperto la porta lei fosse con loro e chiunque avrebbe testimoniato questo. Quando avessero provato ad aprire la porta, essa sarebbe sembrata chiusa solo col catenaccio mentre lo era solo con la serratura: Ovviamente nella parte preparatoria, avrebbe protetto la stanghetta dell’apertura automatica, riparandola con un foglio di cartone, in modo che, quando avesse spinto la porta per rompere il catenaccio, essa lì per lì non avrebbe dovuto subire alcun colpo.

Ma la spiegazione di Hurst si scontra contro l’ostacolo di Twist: se lei fosse stata davvero l’omicida, dove avrebbe mai nascosto il cadavere di Stephen, morto già da alcuni giorni, e che avrebbe dovuto puzzare parecchio?

Ecco allora la spiegazione di Twist: l’assassina non è lei.

L’omicida fa quello che ha detto Hurst, solo che non cucina lui: porta qualcosa già di cucinato (i legumi) e i polli li fa sembrare cotti da poco solo perché laddove li ha posti, nel vassoio, ha versato dell’alcool cui ha dato fuoco. Il pezzo di metallo inserito nella serratura non ha nessun significato: l’averlo messo ed aver verniciato la serratura ha avuto solo lo scopo di far convergere i sospetti su Dane: i capelli messi nella borsa dia ttrezzi sono stati tagliato con le forbici, non sono caduti spontaneamente.         Egli invece non chiude affatto la porta, ma la chiude solo con la serratura automatica: quando accadrà che sia necessario aprire la porta, sembrerà che giri a vuoto la chiave ; ma invece che chiusa e sfondato il chiavistello, la porta invece sarà aperta e chiusa solo con l’apertura a scatto della maniglia. Così uno di coloro che sfonderanno la porta, farà solo finta di imprimervi la propria forza. Questa persona avrà avuto invece la possibilità di occultare il cadavere e nasconderne l’odore putrido grazie ad uno stratagemma, che sarà anch’esso rivelato da Twist.

Tuttavia la cosa che a me di Halter piace di più è la sua tendenza a descrivere situazioni o descrizioni macabre: il “macabre” che è uno dei caratteri peculiari dei francesi, da lui è portato alle estreme conseguenze (altri casi che mi vengono in mente sono La chambre du Fou in cui c’è molto macabre o anche L’image trouble).

Infine, proprio collegata a questa tendenza macabra delle narrazioni halteriane, è l’ultima citazione che ho trovato: il cadavere in putrefazione del fratello gemello, non ci fa ricordare The Hangman’s Handyman di Hake Talbot? Poi volendo, ce ne sarebbe un’altra: un cadavere in putrefazione associato ad una tomba dove si trova il cadavere omonimo, mi ricorderebbe anche The Greek Coffin Mystery di Ellery Queen, anche se lì i due cadaveri, quello originario e l’intruso sono trovati nella stessa bara, mentre qui il cadavere intruso viene lasciato sulla tomba.

Insomma tutto, ed il contrario di tutto.

Mi piacerebbe vedere tradotti in Italia La septième hypothèse e Le diable de Dartmoor : ma li vedremo mai? Io ho qualche dubbio..

 

Pietro De Palma

Paul Halter : Le mani bruciate (La mort vous invite) – Il Giallo Mondadori N.2560ultima modifica: 2011-08-19T16:31:00+02:00da lo11210scriba
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2 pensieri su “Paul Halter : Le mani bruciate (La mort vous invite) – Il Giallo Mondadori N.2560

  1. Grande Piero, ti leggo sempre volentieri anche se mi fai un capo così! Ma quell’uomo che cerca disperatamente Halter nel mio “Che bella famiglia!” ti ricorda qualcuno?…:-)

  2. L’impegno che ho preso, quasi un giuramento con me stesso, è stato “fare un capo così a Fabio”.
    Ognuno l’articolo lo imposta come crede: del resto anche i tuoi non sono mica tanto ristretti! eh eh eh 🙂
    Per quanto riguarda l’articolo, l’allusione l’avevo capita già quando uscì. Comunque se leggi bene il pezzo, noterai come non vi sia affatto miopia critica e il mio atteggiamento critico nei confronti di Halter è mutato da tempo: prima impazzivo per tutto, ora sono molto più esigente nei suoi confronti. Nonostante tutto ritengo, al di là dello sciovinismo da parte dei cultori più esagitati e affezionati, che sia ancora un ottimo autore, anche se un po’ altalenante negli esiti dei romanzi.

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