Norman Berrow : Le orme di Satana – ShaKe, 2010

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Norman Berrow: Le orme di Satana (The Footprints of Satan, 1950) – traduz. Giancarlo Carlotti, prefaz. Mauro Boncompagni – ShaKe Edizioni, Collana Nnoir Sélavy, 2010, pagg. 224.  shake.jpg

 

Norman Berrow è un nome sconosciuto ai più: neozelandese, al pari di Ngaio Marsh, ma meno noto al pubblico degli amanti del giallo classico, conserva però un suo posto nella letteratura di genere, avendo cercato una sua risposta a John Dickson Carr: terreno di sfida è il delitto impossibile e, talora, la Camera Chiusa.

Non si sa quando sia nato, né tantomeno quando sia morto, e dove. La mancanza così vasta di note anagrafiche potrebbe anche far  pensare che il nominativo fosse uno pseudonimo; ma al di là di questo, e del fatto che fosse neozelandese, che si fosse sposato e avesse dimorato a Gibilterra, anche per del tempo, visto che alcuni dei suoi romanzi là sono ambientati, e che avesse combattuto nel secondo conflitto mondiale, al di là della foto, che alleghiamo, non si sa altro. Quello che si sa è che, in determinati ambienti, Berrow e i suoi romanzi furono molto amati: The Bishop’s Sword, Ghost House, The Three Tiers of Fantasy, The Footprints of Satan, sono alcuni dei titoli più rappresentativi dei venti complessivi che fino agli anni ’50 gli furono pubblicati.

Se per alcuni è un nome completamente sconosciuto, ad onor del vero bisogna dire che “Le orme di Satana” non sono il primo titolo in assoluto di Berrow ad essere pubblicato in Italia: infatti, nel lontano 1958, I Gialli del Triangolo, avevano pubblicato di Norman Berrow, “La belva di San Roque”, The Claws of the Cougar. Attualmente tutte le opere di Norman Berrow, sono disponibili presso Ramblehouse, una casa editrice americana, specializzata in opere di autori negletti.

Norman Berrow cercò di emulare Carr, creando una serie di situazioni che spesso lo richiamavano: la sparizione di una strada, in The Three Tiers of Fantasy, ci porta alla memoria l’uguale sparizione di una strada in The Lost Gallows di Carr; la sparizione di un’antica spada da una teca sigillata (The Bishop’s Sword), ci può richiamare la sparizione carriana di una coppa da una stanza (The Cavalier’s Cup)e così via. E’ da dire che però l’inventiva di Berrow non si può dire proprio che fosse povera. Parecchi sono i temi bizzarri che si trovano nelle sue opere: un pollice gigante che uccide (The Spaniard’s Thumb), la stanza che canta (The Singing Room), gli omicidi di un demonio detto “The Black” (Oil under the Window).

Il romanzo pubblicato da Shake, “Le orme di Satana”, The Footprints of Satan, presenta la spiegazione berrowiana di un fatto effettivamente accaduto nel 1855 in alcuni posti sperduti d’Inghilterra, quando, furono trovate impronte di piede caprino impresse nella neve, e in posti inaccessibili, quali dei tetti molto spioventi o anche sopra gli alti muri di recinzione dei possedimenti. Del caso se ne occuparono illustri giornali britannici quali il Times, che pur prendendo timidamente posizione in tal senso, ammisero la possibilità che Belzebù in persona, non si sa per quale motivo, avesse voluto far visita a quelle sperdute lande nella stessa notte.

Norman Berrow parte dal fatto storico, per costruire la sua storia: nella cittadina di Winchingham, sulla salita di Steeple Thelming, in una notte d’inverno, mentre tutti i compaesani sono lì rannicchiati sotto le coperte e al calduccio, appaiono delle inconfondibili impronte di piede caprino nella neve: possibile che Satana abbia deciso di farsi una passeggiata? Fatto sta che la cosa avrebbe destato solo un certo interesse come un secolo prima, se la cosa non fosse stata connessa alla scoperta di un impiccato. Infatti la comunità locale fa chiamare la polizia per accertare che non si tratti di uno scherzo di pessimo gusto, e i poliziotti testimoniano, fotografandole, che quelle sono proprio impronte di piede caprino. La cosa strana è che le impronte, che in un primo momento sembrano messe a caso, seguono invece un ordine: è come una processione. Di casa in casa, le orme si snodano per tutto il paese: qua e là scompaiono, per apparire a distanza di qualche passo, su tetti e muri (anche in posti inaccessibili), finchè vengono notate impronte umane, seguite da quelle caprine, fino alla collina, laddove in uno spiazzo desolato, vien trovato impiccato ad un albero morto, un uomo morto, Mason, vestito con un completo grigio a doppiopetto con una cravatta vistosa (anche qui possiamo trovare riferimenti carriani: per es. l’uomo trovato pugnalato,vestito di nero, con un cilindro, una barba posticcia ed un manuale di cucina inArabian Nights Murder).

Il fatto inspiegabile è che tutt’intorno all’albero ci siano solo le impronte dell’uomo e quelle del..caprone, e nessun altra. Per risolvere l’arcano mistero, chiamano l’Ispettore Lancelot Carolus Smith, che dovrà dibattersi tra reali impronte caprine, apparizioni di un essere soprannaturale detto “La Dama Blu”, personaggi bislacchi come Jake Popplewell ed il suo vecchio somaro Boomer, la signorina Forbes, Greg Cushing (nipote di Jake), i coniugi Croxley, i coniugi Maltravers

Un bel giorno trovano Croxley, che si era allontanato da casa dicendo alla moglie che si recava al posto di polizia, in mezzo ad un campo, ucciso da una “zoccolata”: anche qui non ci sono altre impronte che le sue e quelle dell’essere con gli zoccoli. Lancelot Carolus Smith che già brancolava nel buio dopo il primo delitto e la scoperta di orme di zoccoli sul davanzale di una finestra della casa di Mason, finestra chiusa e sbarrata dal di dentro, ora rischia di stramazzare, fino a quando, improvvisamente vede la luce. E individua l’assassino.

Diciamo subito che la dote principale di questo romanzo è l’atmosfera: greve e incombente, attanaglia il lettore, almeno fino a quando, il lettore scaltro e rotto ad ogni tipo di soluzione gialla (la minoranza) capisce cosa Berrow ha nascosto; e quando ha capito cosa , per forza di cose si capisce in quale cerchia debba essere trovato l’assassino.

Quello che manca, invece, a mio parere, è l’incastro perfetto tra complessità del plot e complessità d’atmosfera: se l’atmosfera è assai efficace, in virtù di un sapiente mixaggio dei vari elementi, ad essa non corrisponde fino alla fine la complessità del plot; aggiungerei, che il fatto che si rifaccia a Carr, individua anche un’altra pecca, che è di tipo caratteriale-psicologico: Berrow secondo me non doveva essere fino in fondo molto soddisfatto di sé, letterariamente parlando, e quindi cercava sempre di rifarsi agli altri, a quelli che avevano successo oltre Carr : come dice Boncompagni…Quentin, Wallace, Oppenheim, Woolrich (ed io aggiungerei anche Downing).

L’atmosfera di Carr introduce ad un mistero che è tale davvero, e che si dispiega per tutto il romanzo, e che trova la risposta solo alla fine, e questo perché Carr presenta un parco di personaggi relativamente ampio; Berrow, almeno nei romanzi che ho letto io, ne presenta di meno. Ciò se da un lato gli consente di focalizzare l’attenzione esclusivamente sulla messinscena del delitto, dall’altro, presentando un parco ristretto di sospettabili, finisce per far capire al lettore supersmaliziato (quello principiante e medio non corrono pericoli), molto prima di quanto accada in Carr, chi possa essere il responsabile. Questo accade perché cambia la prospettiva dell’impianto generale della messinscena: Carr guarda a 360°, Berrow a 180°: il primo impianta una storia e sopra ci tesse un romanzo ampio, il secondo impianta una storia ma pur se essa è di grandissima inventiva e qualità, tuttavia non riesce oppure non vuole gestire un parco ampio di sospettati. E quindi il romanzo a mio parere perde in intensità, soprattutto nel finale, laddove il lettore si aspetterebbe un exploit ed invece il tutto finisce con uno sgonfiamento della tensione, non con uno scoppio.

Inoltre, al personaggio di Norman Berrow, manca un caratteristico modo di parlare che lo identifichi (le bestemmie per Fell o Merrivale, le allusioni forbite per Appleby, le frequenti espressioni francesi di Poirot) e lo stesso suo nome può essere nient’altro che una somma di nomi di altri investigatori celebri (il Lancelot Priestley di John Rhode e il Carolus Deene di Leo Bruce.

Al di là di questo, il romanzo si impone per una qualità d’atmosfera rara, e per una spiegazione sorprendente dei due delitti impossibili (anche se io qualcosa l’avevo indovinata, per es. l’assassino. Scoprire il movente e la spiegazione della camera chiusa invece è più difficile, e quindi qui Berrow vince)

 P. De Palma

Norman Berrow : Le orme di Satana – ShaKe, 2010ultima modifica: 2011-07-20T09:12:52+02:00da lo11210scriba
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3 pensieri su “Norman Berrow : Le orme di Satana – ShaKe, 2010

  1. Cyril Norman Berrow – questo il nome completo – era in realtà nato in Inghilterra: a Eastbourne, nel Sussex, il 1 settembre 1902, da genitori britannici (il padre era a sua volta nato in India), ed era il terzo di quattro figli. La famiglia era poi emigrata in Nuova Zelanda, e il Nostro aveva studiato all’Università di Canterbury (quella neozelandese). La data di morte continua a essere un mistero.

  2. Ma allora perchè non comunichi le tue fonti ai siti specializzati, anzi a quello superspecializzato, che conosci tu e conosco anch’io, al cui forum si affaccia Douglas G. Greene talvolta e talaltra il tuo amico Mauro Boncompagni? 🙂

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