Georgette Heyer : L’Indizio Incompleto

hey.jpg hey2.jpgGeorgette Heyer : L’Indizio Incompleto, The Unfinished Clue (1934)

traduz. Paola Chiostri Gori

Prima Edizione : Oscar Gialli Mondadori N.113 dell’ottobre 1983; ripubblicato in I Classici del Giallo Mondadori N.808 del 13/1/1998.

 

Son stato indeciso su che titolo dare a questo pezzo.

Avrei voluto optare per il sempre efficace “a volte ritornano”; ma poi, qualcuno dei lettori, oppure parecchi non avrebbero capito, e magari il titolo non avrebbe catalizzato l’attenzione, che invece un’indicazione più diretta riesce a fare egregiamente. Però, l’espressione fra gli incisi, avrebbe in questo caso sintetizzato meglio di altro le dinamiche del romanzo.

Il romanzo è un tipico esempio del mystery britannico, il mystery che noi diciamo più semplicemente “alla Agatha Christie” : pasticcini, feste di beneficenza, concerti, serate di gala, conversazioni amabili o meno, invidie, gelosie, odio represso, ricatti, eredità e quant’altro e..un bell’assassinio ovviamente. Che nella realtà di ogni giorno non lo è mai. Anzi, vedere una persona in carne ed ossa morta, assassinata, fa sempre senso; ma, assistere ad un omicidio di carta, emulare il detective nella ricostruzione logica dell’evento e concorrere alla risoluzione del caso, deducendo quanto sia di vitale, è altro. Ora, il mystery inglese, di solito è questo; e il sangue è sempre quasi asettico, tanto poco si indugia sul morto. Piuttosto, il romanzo è sempre incentrato sul resto.

Tuttavia questo non è un romanzo “di Agatha”: nei romanzi della Christie c’è più perfidia, cinismo, cattiveria, e spesso gli assassini uccidono pianificando l’omicidio, premeditandolo, o comunque trovandosi in una condizione favorevole, ponendo in atto le condizioni perché sia molto difficile (ma non impossibile, altrimenti Poirot o Miss Marple cosa ci starebbero a fare?) essere scoperti; qui, o comunque nei romanzi di questa scrittrice, tutta la cattiveria della Christie non c’è. Anzi…

Georgette Heyer è famosa in patria più per la narrativa storica che per quella poliziesca: è ancora il nome più celebre per i romanzi sul periodo per es. della Reggenza: amori, intrighi, odi, passioni, il tutto cucito con abile penna. Insomma, una scrittrice straordinariamente brava, che mise la sua penna al servizio dei lettori, perché anche se avesse voluto esaminare altri periodi storici, il successo dei Regency Novels fu tale e direttamente proporzionale alle richieste del suo pubblico, che la Heyer non potè esimersi dal soddisfarlo. Però, accanto a questa produzione caratteristica ed..enorme, ve ne fu anche una..versata al mystery.

Ma, come dice giustamente Anna Luisa Zazo, se la Heyer espresse in più occasioni la sua predilezione per l’ambiente storico medievale, e se il Medioevo fu un’epoca caratterizzata da regole e ruoli precisi, dal rispetto delle classi, da una società estremamente caratterizzata ma nello stesso tempo stremante rigida, definita, è evidente che la Heyer “sentisse l’esigenza di un ambiente retto da norme chiaramente riconoscibili e accettate da tutti, prevedibili, inafferrabili e tuttavia invalicabili, un habitat in cui il codice di comportamento fosse unico e rigidamente definito, nelle stesse trasgressioni”. Quindi, anche il mystery della Heyer, fu concepito in maniera tale che rispecchiasse la sua concezione dell’ordine e del rispetto delle regole, non solo romanzesche ma anche e soprattutto sociali: piccoli gruppi, chiusi, in cui i vari ruoli sono fissi e rigidi, quasi che ogni volta si dovesse recitare un copione il cui sfondo era se non uguale, almeno stranamente simile per concezione.

Perciò, quando mi sono avvicinato a romanzi della Heyer, lo confesso, son stato molto guardingo, tanto più che trattasi quasi sempre di volumi poderosi, con una caratterizzazione psicologica molto accentuata, e in cui gli indizi si trovano, se cercati, nell’ambito delle conversazioni che immancabilmente i presenti si rivolgono: quindi bisogna sorbirsi tutti i dialoghi, proprio tutti, non saltando a piè pari, quando si legge un romanzo giallo, e rivolgendo l’attenzione normalmente ad altri scenari: qui, bisogna davvero essere attenti. E quindi, i romanzi della Heyer, a mio modesto parere, pur se molto interessanti sono anche molto impegnativi, nella mera lettura. E quindi talora, potrebbero risultare anche un po’ pesantucci.

Non si tratta però del nostro caso: The Unfinished Clue, “L’indizio incompleto” nella traduzione italiana, romanzo del 1934, il terzo nell’elenco dei mystery della Heyer, dopo Footsteps in the Dark, “Passi nel buio” (1932) e Why Shoot a Butler, “L’omicidio di Norton Manor” (1933), è secondo me un piccolo delizioso capolavoro. Il romanzo ha leggerezza e nel tempo stesso straordinaria capacità di introspezione, dialoghi che sembrerebbero inutili, se non contenessero, opportunamente vagliati, importanti indizi, che solo il segugio di turno può individuare. Nel nostro caso, è l’Ispettore Harding di Scotland Yard, chiamato in causa dopo l’assassinio di un vecchio militare in pensione, il rozzo, bisbetico e anche dispotico Generale Sir Arthur Billington-Smith: egli è stato trovato, nel suo studio, pugnalato da un tagliacarte; pare tuttavia che nei momenti immediatamente antecedenti la morte, abbia cercato di scrivere qualcosa, una sillaba, nella fattispecie, “LA”, ma che probabilmente significava altro: un nome forse?

Al momento c’erano parecchie persone, nella sua residenza di campagna, la Grange, e parecchi provavano qualcosa nei suoi confronti: da suo figlio Geoffrey, figlio di primo letto, diseredato per la sua unione con Lola, una ballerina messicana di locali di second’ordine, a suo nipote, il Capitano Francis Billington-Smith, così amorale e cinico, e desideroso del suo patrimonio, a Lola, causa della rovina di Geoffrey, e fiera oppositrice del modo di vedere le cose del Generale, a quella specie di cugino del Generale, l’indecifrabile Stephen Guest, innamorato mancato, seppur per due anni di Lady Billington Smith, fino alla provocante Camilla Halliday, ospite insieme al marito e amici di famiglia o all’imperturbabile Emily Chudleigh moglie devota del Vicario Hilary Chudleigh, fiero oppositore dei costumi morali del Generale e del divorzio. Insomma un bel gruppo nutrito di potenziali assassini.E in mezzo a loro potrebbe esserci Laura (Theresa) E. Lamb, prima Lady Billington-Smith, e madre di Geoffrey. La cosa strana della traduzione di Paola Chiostri Gori, è che “per esigenze di traduzione”, il nome Theresa venga sostituito dal nome Laura, senza che si capisca il perché.

Quello che va detto, e che puntualmente accade anche in questo romanzo, è che l’assassino o l’assassina, insomma chi uccide, lo fa non con premeditazione, ma perché si vengono a creare le condizioni perché ciò accada: insomma un accidente qualunque che spinge all’azione, la cui mancanza avrebbe significato la salvezza della vittima. Che poi non è detto che lo sia veramente; come non è detto che l’omicida sia veramente la personificazione del male nelle sue varie sfumature (cupidigia, avarizia, accidia, gelosia, invidia, etc.etc.) come in tanti altri romanzi. Insomma in questo romanzo, come pure in altri della Heyer, niente è sicuro.

Così come se è insicuro il movente, figurarsi l’alibi, anzi gli alibi: vagliarli, non è cosa da poco. Soprattutto se qualcuno mente. L’omicida francamente secondo me in questo contesto la farebbe franca se..non dovesse fare i conti col passato: ecco perché ho detto che “a volte ritornano”. Accetta di dare la prova, o meglio l’indizio determinante all’Ispettore, solo perché sceglie di salvare un innocente dall’accusa di omicidio, Geoffrey Billington.

A dirla tutta, il plot del romanzo si basa sul tempo: l’indizio è connesso con l’ora ed il posto in cui dice di aver visto il giovane: se fosse andato via come ha affermato in un primo tempo, l’omicida sarebbe arrivato a sua destinazione prima dell’ora indicata come prova per scagionare il giovane; per farlo sarebbe dovuto andare solo a piedi. Ma..e qui entra in gioco l’acume dell’Ispettore e la sfortuna dell’omicida: le siepi che attorniano la strada. Esse, nel passato, erano tagliate più rade, ma nel tempo dell’omicidio non vengono più curate, per cui crescono disordinatamente e soprattutto oltre una certa altezza. L’omicida, non alto quanto l’ispettore, se fosse stato a piedi non avrebbe potuto vedere al di là delle siepi, e quindi doveva essere in altra condizione: questo significa che o la sua testimonianza non vale oppure che lui è partito dopo l’ora riferita nei primi interrogatori di polizia.

L’Ispettore deve sbrogliare una matassa insolitamente intricata; e nel frattempo che risolve brillantemente il caso (ma l’omicida,che è un personaggio credibile, a tutto tondo avrà il tempo di suicidarsi “classicamente” col cianuro di potassio), si innamora, ricambiato, anche della giovane cognata del generale, Dinah Fawcett.

Del resto, che Georgette Heyer sarebbe stata se non ci fosse stata anche una simpatica storia d’amore?

Pietro De Palma

 

Georgette Heyer : L’Indizio Incompletoultima modifica: 2011-04-28T12:07:00+02:00da lo11210scriba
Reposta per primo quest’articolo